Cronologia degli attacchi aerei
7/8 novembre 1940
Incursione
notturna da parte di aerei della Royal Air Force di base a Malta, tra le 3 e le
4.30. Secondo il bollettino del giorno seguente, sarebbero state sganciate tre
bombe sulla stazione ed altre due, incendiarie, nelle sue vicinanze, provocando
«danno a qualche binario, a una conduttura d'acqua e a un vagone» nonché «un
principio di incendio in un'abitazione privata, subito domato»; non vi
sarebbero state vittime.
12/13 novembre 1940
Bombardamento
notturno da parte di aerei della RAF di Malta, con obiettivo lo scalo
ferroviario.
15 dicembre 1940
Attacco della
RAF.
15/16 febbraio 1941
Attacco notturno
da parte di aerei della RAF di base in Grecia, aventi come obiettivi
l’aeroporto e la stazione ferroviaria. Entrambi gli obiettivi vengono colpiti.
14/15 aprile 1941
Attacco notturno
da parte di bombardieri Vickers Wellington della RAF di base in Grecia;
obiettivo è il porto, che viene colpito. Due navi vengono danneggiate. La
cattedrale subisce qualche danno.
17/18 agosto 1941
Attacco della
RAF.
7/8 novembre 1941
Aerei Vickers
Wellington della RAF di Malta (104th Squadron RAF) bombardano nottetempo il
porto (obiettivo dell’attacco), ma molte bombe finiscono anche sulla città. L’incursione,
iniziata intorno a mezzanotte, si protrae per oltre cinque ore; è possibile che
si sia trattato di un «nuisance raid», un tipo di incursione aerea – effettuata
dalla RAF sulle città del Sud Italia nel corso del 1940-1941 – nel quale un
numero molto limitato di velivoli si dà il cambio sopra il cielo della città
attaccata, sganciando qualche bomba di quando in quando, con il preciso scopo
di mantenerla in continuo allarme e snervare la popolazione civile (i danni
materiali sono di solito limitati, visti i pochi aerei impiegati), per colpirne
il morale.
Il bombardamento
è molto più impreciso del solito: il porto viene colpito, ma parecchie bombe –
ne viene lanciato qualche centinaio, tra dirompenti ed incendiarie, di piccolo
e medio calibro – finiscono sul centro storico, distruggendo numerose
abitazioni, soprattutto in un tratto di Via Cittadella (pressoché ridotta ad un
cumulo di macerie: qui si conteranno decine di vittime), vicino al Castello
Svevo (ove si trova il Comando della Marina), in Via Sant’Antonio Abate, Via Santabarbara,
Via Indipendenza, Via Lucio Scarano, Via Lauro, in Via Sant’Aloy ed altrove (Largo
della Volta, via Castello, via Porta Lecce, Piazza Crispi, via Cristoforo
Colombo e Corso Umberto). Vengono danneggiate anche la stazione ferroviaria, la
Chiesa dell’Annunziata (tanto gravemente che il Genio Civile la farà poi
demolire), la Chiesa dell’Addolorata o della Pietà ed il palazzo della Gioventù
Italiana del Littorio, del quale le bombe demoliscono il primo piano. Anche la
cattedrale viene colpita, con danni al solaio.
Una bomba centra
la garitta della sentinella del Comando Marina, subito dopo che un’anziana ha
trascinato via il militare di guardia, che voleva restare nella garitta
nonostante la pioggia di bombe.
Un grosso
deposito di paglia, in una masseria nelle campagne fuori dalla città (attuale
rione Commenda), viene colpito da bombe incendiarie e brucia illuminando gran
parte della città; Via Osanna e Via Provinciale San Vito vengono invase da
fiumi di vino fuoriusciti da alcune aziende vinicole colpite dalle bombe, che
scorrono per le strade fino a Porta Mesagne.
Le vittime civili
sono, ufficialmente, 107 (ma l’impressione tra la popolazione è che siano in
numero molto superiore): di gran lunga il più alto numero di vittime civili in
una città italiana da quando la guerra è cominciata, e la prima incursione
aerea sull’Italia a causare più di cento vittime. Un’intera famiglia di sette
persone, i fornai Martinelli, muore nella propria casa-forno distrutta, in Via
Porta Lecce. I feriti sono centinaia.
La contraerea
rivendica l’abbattimento di due o tre aerei, ma non è qui noto se tale
risultato sia stato confermato o meno da parte britannica.
Le bombe
distruggono anche l’abitazione del presbitero, storico e bibliotecario Don
Pasquale Camassa, direttore onorario del Museo Civico e promotore
dell’istruzione tra la popolazione (ha creato una biblioteca circolante
gratuita, oltre ad altre iniziative di aiuto più “materiale” ai poveri della
città) e di importanti iniziative in campo storico e culturale: l’anziano prete
riesce a salvarsi, ma morirà il 10 dicembre a Mesagne, dov’è stato trasportato,
per le ferite riportate.
La popolazione di
Brindisi rimane sorpresa e sconcertata – un attacco tanto disastroso è una
novità per tutta l’Italia: solo un anno dopo inizierà a diventare la tragica
“norma” – ed il giorno successivo abbandona in massa la città, rifugiandosi
nelle campagne e lasciando Brindisi semideserta per diverse settimane (secondo
alcune fonti, lo sfollamento avrebbe interessato l’80 % della popolazione; certo
risulta, dai registri delle scuole locali, che le classi siano deserte, in
seguito allo sfollamento dei bambini e delle loro famiglie). Potrebbe essere
stato questo il primo caso di grande sfollamento volontario da una città
italiana.
8/9 novembre 1941
Nuovo
bombardamento notturno, da parte di tre velivoli decollati da Malta. Secondo il
bollettino di guerra dell’11 novembre, non vi sono vittime. Il bollettino
rivendica anche l’abbattimento di un aereo.
10/11 novembre 1941
Altra incursione
notturna della RAF di Malta. Viene colpita ancora la chiesa dell’Annunziata,
con danni a tutto il tetto, e subiscono gravi danni le case attorno alla sede
del Comando Marina ed all’idroscalo. Danneggiata anche l’antica chiesa del
Cristo.
15/16 novembre 1941
Ancora un attacco
notturno della RAF di Malta.
18/19 novembre 1941
Ulteriore
bombardamento notturno della RAF di Malta. Secondo il bollettino di guerra del
giorno seguente, pochi danni e nessuna vittima.
19/20 novembre 1941
Incursione
notturna da parte della RAF di Malta, con obiettivo il porto. Quest’ultimo
viene colpito, ma così pure la città; vi è una vittima civile, i feriti sono
tre. Nel bollettino si sostiene che sia stato abbattuto un velivolo.
20/21 novembre 1941
Altro
bombardamento notturno della RAF di Malta. Vengono colpiti porto (l’obiettivo)
e città. Secondo il bollettino dell’indomani, vi sarebbero state 6 vittime e 5
feriti. Il bollettino rivendica anche l’abbattimento di un aereo (in questa
sede non si è potuto accertare o smentire nessuna di queste rivendicazioni).
15/16 dicembre 1941
Ultimo
bombardamento notturno, sempre della RAF di Malta e sempre avente come
obiettivo il porto. Questo viene colpito, ma le bombe finiscono anche sulla
città: il campanile della cattedrale viene colpito, con conseguente crollo
della parte superiore. Viene distrutto anche l’antico Ospedale civile dei
poveri, risalente al Cinquecento.
Terminati per
lungo tempo gli attacchi, gran parte della popolazione di Brindisi ritornerà
progressivamente in città, ma più di metà resterà a lungo sfollata, nelle
campagne circostanti o nei paesi di Mesagne, Oria, Francavilla Fontana e Ceglie
Messapico.
7 settembre 1943
Attacco minore da
parte della 12th Air Force dell’USAAF, il giorno prima dell’annuncio
dell’armistizio.
La storia di
Brindisi nella seconda guerra mondiale vedrà la città evitare l’occupazione
tedesca dopo l’armistizio, e divenire anzi la capitale temporanea d’Italia,
dato che il fuggiasco Vittorio Emanuele III vi si stabilità con la corte dal
settembre 1943 al febbraio 1944.
Danni e vittime
In base ai dati
forniti dall’Archivio di Stato di Brindisi, le vittime civili tra la
popolazione brindisina a causa degli attacchi aerei furono 126 (lo 0,25 % delle
circa 50.000 persone che componevano all’epoca la popolazione di Brindisi).
L’85 % di tutte le perdite subite dalla popolazione civile di Brindisi si
verificò quindi nel tragico bombardamento del 7/8 novembre 1941, nel quale
morirono 107 delle 126 vittime totali.
Mentre nel
periodo 1940-1941 Brindisi fu la terza città più attaccata del Meridione – tredici
incursioni aeree (altre fonti parlano di 21 o 30 attacchi aerei, ma non è
chiara la provenienza di questi dati), dopo Napoli (24) e Palermo (14) – dal
1942 essa si ritrovò invece in una situazione “privilegiata”: mentre le altre
grandi città portuali della Puglia, Bari e Taranto, vennero bombardate ancora
(anche se non al livello di quelle di Sicilia, Calabria e Campania), ed il
resto del Sud Italia fu sottoposto ad un martellamento senza precedenti,
Brindisi non fu più toccata dall’offensiva aerea Alleata dopo il 15 dicembre
1941, salvo che per una singola incursione alla vigilia dell’armistizio.
In totale vi
furono 105 ore e 49 minuti di allarme aereo, di cui 41 ore e 51 minuti di
effettivo bombardamento.
Gli attacchi su
Brindisi furono portati generalmente da bombardieri Vickers Wellington
decollati da Malta; durante la campagna di Grecia, alcuni bombardamenti vennero
effettuati anche da aerei – sempre Wellington, degli Squadrons 37 e 70 della
RAF – di base ad Eleusis e Tatoi, non lontano da Atene. Dalla primavera 1941
all’autunno dello stesso anno, con l’invasione tedesca della Grecia ed i
bombardamenti della Luftwaffe che ridussero fortemente la capacità offensiva di
Malta, le incursioni su Brindisi cessarono completamente (salvo che per un
singolo attacco nell’agosto 1941); ripresero nel novembre-dicembre 1941, a
seguito della ripresa di Malta, dopo di che cessarono nuovamente e
definitivamente a causa, prima, del riprendere dei bombardamenti tedeschi
sull’isola, e poi, della perdita d’importanza della Grecia – ormai terra
occupata – rispetto al fronte ben più “caldo” dell’Africa settentrionale (e poi
della Sicilia e dell’Italia stesse), per il quale gli obiettivi principali si
trovavano sulla costa tirrenica e siciliana.
L’obiettivo della
maggior parte delle incursioni era il porto: prima, durante la campagna di
Grecia (novembre 1940-aprile 1941) perché tale sorgitore, insieme a quello di
Bari, era il principale porto da cui partivano i rifornimenti per il fronte
greco-albanese; poi, nel novembre-dicembre 1941, perché da Brindisi partivano
anche parte dei convogli diretti in Cirenaica (la RAF stava colpendo i
principali porti da cui partivano i rifornimenti per la Libia, in preparazione
dell’operazione «Crusader», l’offensiva britannica in Cirenaica).
Durante la
campagna di Grecia, un altro obiettivo ripetutamente attaccato fu l’aeroporto,
uno dei più importanti per l’appoggio delle operazioni sul fronte ellenico.
Il 5 novembre
1940 gli aerei di base in Grecia, che compirono alcuni degli attacchi su
Brindisi, ricevettero espresse direttive di cercare di evitare perdite tra la
popolazione civile; ma la scarsa precisione del bombardamento notturno rese
tale ordine di difficile esecuzione.
Anche se non fu
interessata dalla fase più catastrofica dei bombardamenti sul Meridione (dalla
fine del 1942 alla tarda estate del 1943), Brindisi subì danni tutt’altro che
lievi: su un totale di 15.160 vani esistenti nel 1940, circa 3000 furono
distrutti (il 19,8 %) e 2095 furono danneggiati o resi inabitabili (il 13,8 %),
ossia fu distrutto o danneggiato il 33-34 % della città (dati provenienti dal
sito della locale sezione ANPI). In termini di superficie edificata, furono
distrutti 30.600 mq, danneggiati gravemente 31.800, danneggiati 366.000 (questi
dati sembrano però contrastare con quelli, sopra indicati, sulla percentuale di
vani distrutti e danneggiati). I senzatetto furono 3847.
La maggior parte
dei danni si registrò nelle zone circostanti il porto e la stazione
ferroviaria, principali obiettivi dei bombardamenti, ma anche il centro storico
subì notevoli danni in varie sue zone. Tra le zone più colpite Via Cittadella
(in larga parte rasa al suolo), Via Appia e la zona di Montecristo.
Molti sfollati
vennero alloggiati nel palazzo già sede del Comando Marina: tale sistemazione,
che sarebbe dovuta essere provvisoria, durò in realtà per quasi un ventennio.
I danni
interessarono anche il patrimonio storico ed artistico, tra cui la Cattedrale
di Brindisi, risalente al Settecento (era stata costruita tra il 1089 ed il
1143, ma completamente riedificata dopo un terremoto verificatosi nel 1743):
mentre l’edificio della cattedrale vera e propria subì danni non
particolarmente gravi (si rese necessario, nel 1947, demolire e ricostruire i
solai della sagrestia, consolidare alcune pareti lesionate con travi in cemento
armato, riparare parte del tetto della navata centrale e sostituire intonaco e
vetri frantumati), il campanile (costruito tra il 1780 ed il 1793) fu colpito
in pieno, e la parte superiore rovinò al suolo (fu ricostruito nel 1957).
La chiesa barocca
di Santa Teresa, costruita a fine XVII secolo, venne danneggiata; la chiesa
dell’Annunziata, costruita nella seconda metà del secolo XVI, riportò nel
bombardamento del 7 novembre 1941 danni tali che il Genio Civile ne dispose
l’abbattimento. La chiesa dell’Addolorata (anche detta della Pietà), gravemente
danneggiata dalla stessa incursione, poté riaprire solo nel 1944.
La chiesa del
Cristo, risalente al XIII secolo, venne danneggiata dalle bombe (che costrinsero
alla demolizione degli altari settecenteschi) e temporaneamente adibita
all’alloggio di truppe, il che peggiorò ulteriormente le sue condizioni. I
lavori di restauro iniziarono nel 1946; venne riparata la parte danneggiata del
tetto, furono consolidati un angolo lesionato ed architravi danneggiate con
catene e travi in calcestruzzo, vennero ricostruiti pavimenti, massetto e
pedana dell’altare e rimpiazzati gli infissi. Durante i lavori di restauro
vennero alla luce gli antichi ingressi originari della chiesa, e soprattutto
degli affreschi nascosti sotto l’intonaco.
La chiesa di
Santa Lucia (o della Santissima Trinità), costruita nel XIII secolo e
modificata nel XV-XVI secolo, venne anch’essa seriamente danneggiata (una prima
fase di restauri non rinviabili si concluse nel marzo 1947, seguita poi da
un’altra che completò l’opera).
L’antica chiesa
romanica di Santa Maria del Casale, costruita tra il 1284 ed il 1322 e
dichiarata Monumento Nazionale nel 1875, fu salvata da una protezione in
muratura costruita davanti alla facciata, che crollò al posto di quest’ultima
durante i bombardamenti.
Alcune delle
ferite inflitte dai bombardamenti sono sopravvissute fino al giorno d’oggi: tra
Largo della Volta e Via Cittadella, in Via Lucio Scarano ed in Via Indipendenza
(angolo Corso Umberto) si trovano ancora le rovine di edifici bombardati e mai
più ricostruiti, tangibile memento degli effetti della guerra.
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