Cronologia degli attacchi aerei
13/14 agosto 1940
Cadono sul
territorio di Alessandria le prime bombe, sganciate per errore da tre
bombardieri britannici (del Bomber Command della Royal Air Force) appartenenti
ad una formazione diretta ad attaccare Torino, e persisi lungo la strada. I tre
velivoli giungono sulla città all’1.30, accolti da violento (1300 colpi di
cannone e 18.000 di mitragliera) quanto infruttuoso fuoco contraereo, lanciano
dei razzi illuminanti su Alessandria e sganciano a caso qualche bomba. Vengono
lanciati anche volantini propagandistici, che affermano che la guerra contro il
Regno Unito vada contro le tradizioni storiche italiane e sia utile soltanto ad
Hitler.
Ad essere colpita
dalle bombe è l’isolata cascina Pistona, sita nelle campagne tra le frazioni
alessandrine di Spinetta Marengo e San Giuliano Vecchio: perde la vita tutta la
famiglia che l’abitava – madre, padre e tre bambini – ed alle quattro del
mattino lo scoppio di una bomba inesplosa uccide cinque Vigili del Fuoco,
accorsi sul posto, e ne ferisce altri sei. Saranno le prime delle numerose
vittime che il Corpo Nazionale Vigili del Fuoco pagherà ai bombardamenti aerei.
Altre due bombe
cadono in un’altra frazione di Alessandria, Litta Parodi, uccidendo un operaio
della Montecatini; altre ancora finiscono nei campi – teatro, un secolo e mezzo
prima, della celebre battaglia di Marengo – senza fare danni né vittime.
Un’altra vittima, un soldato che si trova in una tradotta in sosta nella
stazione di Alessandria, viene uccisa non dalle bombe, ma da una scheggia di un
proiettile contraereo, ricaduta al suolo (fatto questo non infrequente).
Ai funerali delle
dodici vittime partecipa tutta la cittadinanza.
Per i prossimi
tre anni e mezzo, nessun altro morirà ad Alessandria per attacco aereo.
20 ottobre 1940
Nuovo accidentale
sgancio di bombe da parte di bombardieri dispersi (sempre del Bomber Command
della RAF), questa volta di una formazione inviata contro Genova.
15 luglio 1943
Altre bombe
cadono per sbaglio sulla città: questa volta a sganciarle sono bombardieri
smarriti (ancora una volta del Bomber Command della RAF) di un gruppo diretto
contro Bologna.
30 aprile 1944
Primo vero
bombardamento di Alessandria, poco dopo mezzogiorno (mentre la gente in città
celebra la festività dell’Ascensione) in una giornata limpida e soleggiata; ad
effettuarlo sono aerei statunitensi della 15th Air Force dell’USAAF (precisamente,
32 quadrimotori Consolidated B-24 “Liberator” del 450th Bombing Group, più
altri del 461st Bombing Group, tutti appartenenti ad una formazione di 500
bombardieri inviati contro Alessandria, Milano, Varese e Reggio Emilia) che
hanno come obiettivo lo scalo ferroviario, uno dei più importanti del Piemonte.
Larga parte delle bombe (il solo 450th Bombing Group ne sgancia 80 tonnellate),
come spesso accade, finisce però sull’abitato: l’insuccesso dell’attacco è
riconosciuto dagli stessi statunitensi, i quali dovranno rilevare che,
nonostante il tempo favorevole e l’assenza di contraerea e caccia nemica
(tranne un Messerschmitt Bf 109, che però non ha attaccato), solo il 17 % delle
bombe ha colpito l’obiettivo. Le altre sono piovute ovunque sulla città, provocando
ingenti danni; secondo quanto asserito da alcuni giornali dell’epoca, aerei da
caccia di scorta ai bombardieri avrebbero anche mitragliato la popolazione per
le strade della città. Particolarmente colpito il rione popolare del Cristo,
situato proprio attorno alla stazione ed abitato da molti ferrovieri; vanno
distrutte anche molte case nel centro cittadino.
Il
quattrocentesco Palazzo Trotti-Bentivoglio, già sede vescovile ed ora della
Biblioteca del Risorgimento (oltre 50.000 libri), viene colpito ed in larga
parte distrutto; le bombe colpiscono anche il Duomo e la chiesa di
Sant’Alessandro, che però riportano danni non gravi. Lo stabilimento della
famosa fabbrica di cappelli Borsalino (cui i piloti, nei rapporti, fanno
riferimento come ad una inesistente “fabbrica di munizioni”) viene danneggiato.
Distrutto dalle
bombe anche l’Istituto della Divina Provvidenza; danneggiata gravemente la sede
della Federazione dei Commercianti e colpita anche la sede della Croce Rossa. Molte
le vittime (si veda la descrizione del bombardamento successivo), parecchie
delle quali morte nei rifugi ricavati nelle cantine, e travolti dal crollo dei
palazzi soprastanti.
1°/2 maggio 1944
Seconda
incursione aerea, intorno a mezzanotte; questa volta i bombardieri sono 57, del
205th Group della RAF MAAF (Mediterranean Allied Air Forces). Dopo aver
illuminato gli obiettivi con copioso lancio di bengala, ha inizio l’attacco,
nel quale vengono lanciati anche molti spezzoni incendiari; numerose case vanno
a fuoco ed una bomba incendiaria colpisce il settecentesco Teatro Municipale, scatenando
un incendio che lo distruggerà completamente, assieme all’adiacente ala del
Municipio. Le fiamme sono visibili da grande distanza, ed una grande folla si
raduna ad assistere all’agonia dello storico edificio.
Subisce danni non
gravi la chiesa di San Lorenzo, mentre viene colpito ancora ed incendiato lo
stabilimento della Borsalino: nonostante gli sforzi degli operai, accorsi da
tutta la città, per domare l’incendio, i capannoni colpiti e tutto il terzo
piano della fabbrica vengono interamente consumati dalle fiamme.
Nei due
bombardamenti del 30 aprile e 1° maggio sono particolarmente colpiti i rioni
popolari del Cristo e del Borgo Littorio (oggi quartiere Pista), abitati
soprattutto da ferrovieri, operai ed impiegati. In tutto le vittime sono 239,
di cui 222 civili (tra cui 75 casalinghe, 45 tra bambini e ragazzi, 59 tra operai
ed artigiani) e 17 militari, questi ultimi uccisi quasi tutti nella caserma di
Cabanette.
Inizia lo
sfollamento; la maggior parte degli sfollati si sposta nelle zone circostanti
Alessandria, in modo da poter continuare a tornarvi per lavorare.
21 giugno 1944
Bombardamento
contro il ponte ferroviario sulla Bormida, a metà mattinata. Assieme a quello
sul Tanaro, rappresenta il principale collegamento tra ligure e bolognese; da
questo l’importanza di distruggerli.
29 giugno 1944
Bombardamento
contro il ponte ferroviario sul Tanaro, a metà mattinata.
11 luglio 1944
Pesante
bombardamento (da parte di bombardieri statunitensi della 12th Air Force),
intorno alle 10-11, contro la stazione ferroviaria, che colpisce però anche
gran parte della città, tra cui ancora la fabbrica Borsalino, della quale
vengono distrutte la centrale elettrica e la parte di stabilimento al di là del
canale che fornisce l’acqua per le lavorazioni. La produzione deve essere
temporaneamente fermata. Le vittime sono 46.
17 luglio 1944
Incursione aerea
contro la ferrovia. Molti danni lungo quest’ultima, ma nessuna vittima.
20 luglio 1944
Altra incursione
aerea contro la ferrovia. Molte distruzioni lungo la ferrovia, ma nessuna
vittima.
21 luglio 1944
Nuova incursione
aerea contro la ferrovia. Ancora molti danni lungo quest’ultima, ma nessuna
vittima.
27 luglio 1944
Ulteriore
incursione aerea contro la ferrovia, di nuovo con molti danni lungo
quest’ultima, ma nessuna vittima.
2 agosto 1944
Bombardamento
contro il ponte ferroviario sulla Bormida.
7 agosto 1944
Altro
bombardamento contro il ponte ferroviario sulla Bormida.
20 agosto 1944
Ulteriore
bombardamento contro il ponte ferroviario sulla Bormida, del quale crollano sei
arcate. Si svolgono anche occasionali azioni di mitragliamento notturno. Dopo
la distruzione di ponti e ferrovia, e la crescente difficoltà ad usare i pochi
automezzi rimasti, gli spostamenti da e per le altre città vanno effettuati in
bicicletta: anche per i più ricchi, come il proprietario della martoriata
Borsalino, Teresio Usuelli.
21 agosto 1944
Nuovo massiccio e
prolungato bombardamento statunitense: le bombe cadono su tutti i quartieri,
uccidendo 31 persone. Lo stabilimento della Borsalino viene colpito ancora (stavolta,
da bombe dirompenti) e cessa definitivamente la produzione, che riprenderà a
stento solo alla fine di dicembre.
3 settembre 1944
Nuovo
bombardamento che colpisce piazza Gobetti, il palazzo della GIL e le officine
del gas. Le vittime sono otto.
5 settembre 1944
Altro
bombardamento. A Borgo Cittadella una delle bombe, una dirompente, esplode all’estremità
di un sottopassaggio sito sotto la statale per Torino, trasformato in
improvvisato rifugio antiaereo: muoiono tutti gli occupanti. Le vittime sono
39, di cui solo 19 potranno essere identificate.
A settembre 1944
gli sfollati sinistrati sono almeno 10.000. La mancanza di rifugi antiaerei
adeguati è drammaticamente evidente; ve ne sono di sicuri sotto le mura della
Cittadella, ma le forze tedesche li hanno requisiti per sé e ne impediscono
l’uso alla popolazione civile, che, temendo di restare intrappolata nei rifugi
sepolti dal crollo degli edifici (come successo il 30 aprile), preferisce
spesso scendere nei giardini e nella Piazza d’Armi, di fatto senza alcun
riparo, aspettando coricata sull’erba la fine dell’incursione.
A fine settembre
nella sola città, senza considerare le frazioni, 360 abitazioni sono totalmente
distrutte, 570 gravemente danneggiate, più di 1000 danneggiate in modo lieve. Molti
senzatetto, senza un posto dove andare, hanno occupato le scuole elementari. Parecchi
negozi sono stati distrutti od hanno chiuso, e la vita civile in città si è
pressoché fermata.
22 novembre 1944
Altra incursione
aerea.
29 dicembre 1944
Ultimo attacco
aereo dell’anno: le vittime sono tre. A Spinetta viene colpito lo stabilimento
Montecatini.
9 gennaio 1945
Azione di
mitragliamento.
26 gennaio 1945
Altro
mitragliamento aereo. In gennaio le vittime sono quattro.
5 aprile 1945
Bombardamento da
parte di aerei della 15th Air Force dell’USAAF (facenti parte di un gruppo di
oltre 450 velivoli inviati ad attaccare Alessandria, Torino, Brescia ed Udine),
alle 15.20, con obiettivo lo scalo ferroviario (per impedire l’eventuale
ritirata delle truppe tedesche: ma dalla stazione, ormai, non partono più treni).
Ancora una volta l’attacco è terribilmente impreciso, e le bombe colpiscono
tutta la città, forse ancor più che nell’aprile 1944, con effetti catastrofici.
L’asilo infantile «Maria Ausiliatrice» in via Gagliaudo viene colpito in pieno
da una bomba, con la morte di 27 bambini e 6 suore salesiane. Viene colpito
anche l’ospedale infantile «Cesare Arrigo»; il mercato coperto e la Galleria
Guerci vengono parzialmente distrutti.
45 case vengono
completamente distrutte, più di 1000 vani sono distrutti o resi inabitabili. Le
vittime sono 160 ed i feriti quasi 600, nella quasi totalità civili: l’ultimo
sanguinoso bombardamento di una città italiana, a poche settimane dalla
liberazione.
Anche il Comitato
di Liberazione Nazionale di Alessandria manda una veemente protesta presso il
Comando Alleato, e più volte il CLN dovrà intervenire presso gli Alleati per
fermare nuovi e pesanti bombardamenti sulla città, dove le forze tedesche non
si arrenderanno fino al 29 aprile.
14 aprile 1945
Nuova incursione
aerea, con alcune vittime.
24 aprile 1945
Penultimo attacco
aereo su Alessandria. Le incursioni del 14 e 24 aprile causano gli ultimi sette
morti tra la popolazione della città.
26 aprile 1945
Otto
cacciabombardieri brasiliani Republic P-47 Thunderbolt, decollati da Pisa e
guidati dal tenente Luis Lopez Dornelles, attaccano poco dopo le otto la
stazione ferroviara, difesa da una batteria della Flak armata da militari
tedeschi ed italiani. Gli aerei attaccano un treno fermo sul piazzale di
manovra: è un convoglio passeggeri, dietro alla cui locomotiva è agganciato un
vagone blindato armato con un cannone contraereo. Dornelles distrugge la
locomotiva, ed al contempo viene centrato dal cannone; l’aereo si schianta tra
i binari ed il muro della stazione, distruggendo il muro di cinta ed il
magazzino del telegrafo di Stato, dopo di che la fusoliera rotolano attraverso
la strada e finiscono contro un altro edificio, che prende fuoco. Dornelles è
l’ultimo pilota brasiliano a morire in Italia (pochi giorni prima un suo
connazionale, tenente Medeiros, è morto fulminato sui fili dell’alta tensione,
durante la discesa in paracadute, dopo che il suo Thunderbolt era stato
abbattuto dalla Flak durante l’attacco ad un treno, proprio ad Alessandria).
Danni e vittime
Con 559 vittime
civili ufficialmente accertate, Alessandria fu la città piemontese che pagò il
secondo più alto tributo in vite umane ai bombardamenti aerei, dopo la
martoriata Torino. 494 delle vittime erano cittadini di Alessandria (lo 0,7 %
delle 79.348 persone che ne costituivano la popolazione) o dei dintorni, le
altre erano genovesi (48), torinesi (12) e milanesi (5), probabilmente
rifugiatesi ad Alessandria nel 1942-1943, quando le loro città erano state
devastate da ripetuti e pesanti bombardamenti, nell’illusione che Alessandria
sarebbe stato un posto più sicuro. Oltre 130 delle vittime avevano meno di
vent’anni, oltre 50 ne avevano più di 60, 350 avevano tra i 20 ed i 60 anni;
sette non furono mai identificate.
Gli allarmi aerei
durante tutta la guerra furono complessivamente 1125, anche se solo ad una
minima frazione di essi corrisposero degli effettivi attacchi. Le incursioni
aeree ebbero tutte gli stessi obiettivi: lo scalo ferroviario – che già
nell’agosto del 1943 era stato indicato da Londra come uno dei più importanti
per i movimenti delle truppe tedesche, insieme a quelli di Bologna, Genova e
Verona («il bombardamento delle quali potrà avere una grande utilità»), ed era
uno dei più congestionati del Nord Italia – ed i ponti sul Tanaro e sulla
Bormida. I primi bombardamenti di Alessandria avvennero nell’ambito
dell’Operazione «Strangle», volta ad ostacolare, con attacchi aerei sul sistema
di viabilità, gli spostamenti di truppe e rifornimenti tedeschi verso il Centro
Italia; finita «Strangle», non cambiarono egualmente lo scopo – paralizzare i
movimenti delle forze tedesche – e gli obiettivi dei bombardamenti (i ponti sul
Tanaro e sulla Bormida vennero attaccati ripetutamente nell’agosto 1944 perché
in quel momento era in corso una serie di operazioni aeree volte a distruggere
tutti i ponti della Pianura Padana). La grossolana imprecisione dei
“bombardamenti di precisione” effettuati all’epoca dall’USAAF (in una singola
occasione, anche dalla RAF) fece però sì che, come spesso accadeva in ogni
città, gran parte delle bombe mancasse i bersagli designati e finisse su tutta
la città, seminando ovunque morte e distruzione.
Gravi furono i
danni materiali, con oltre 1000 edifici distrutti o gravemente danneggiati; andò
distrutto almeno il 15 % della superficie edificata di Alessandria.
Tra gli edifici
di valore storico ed architettonico, andò completamente distrutto il Teatro
Municipale, risalente al 1775, e furono parzialmente distrutti il
quattrocentesco palazzo vescovile Trotti Bentivoglio e la galleria commerciale
Guerci, costruita nel 1895 (poi ricostruita nel 1948); riportarono danni non
gravi il Duomo, completato nel 1810 in stile neoclassico, la chiesa barocca di
San Lorenzo, del 1770, e la chiesa di Sant’Alessandro, anch’essa in stile
barocco e risalente al 1758.
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