martedì 16 aprile 2019

Bombardamenti di Bologna


Cronologia degli attacchi aerei

14 giugno 1943
Per la prima volta un aereo nemico sorvola Bologna: è un ricognitore De Havilland “Mosquito”, che si limita a fotografare tutti gli obiettivi presenti in città (stazioni ferroviarie, ponti, depositi di carburante, centrali elettriche).
15/16 luglio 1943
Prima incursione aerea su Bologna. Si tratta di un’incursione notturna (effettuata tra le 3.10 e le 5.10 di notte), portata da aerei britannici: sei o dieci bombardieri Avro Lancaster del Bomber Command (5th Bomber Group), facenti parte di un gruppo di 24 velivoli decollati dal Lincolnshire ed inviati ad attaccare, oltre a quella di Bologna, anche le centrali elettriche di Reggio Emilia, Arquata Scrivia e San Polo d’Enza. L’attacco fa parte di un “esperimento” di «shuttle bombing», ossia di incursione in cui gli aerei, provenienti dall’Inghilterra, non tornano alle basi dopo il bombardamento, bensì raggiungono l’Algeria, si riforniscono di carburante e bombe e poi effettuano un altro bombardamento durante il viaggio di ritorno. A Bologna l’obiettivo è la centrale elettrica (più precisamente, la stazione di trasformazione e smistamento di Santa Viola); vengono sganciate 19 tonnellate di bombe (tutte dirompenti) e la centrale viene colpita ma subisce danni irrilevanti (fallisce lo scopo dell’incursione, l’interruzione della fornitura di energia elettrica alle ferrovie); bombe cadono anche in città, specialmente sulla via Agucchi (periferia di Borgo Panigale) e su via del Miliario, causando le prime dieci vittime civili ed i primi venti feriti. Nove edifici vengono distrutti, cinque semidistrutti e 35 danneggiati (si tratta perlopiù di case di operai e birocciai attivi nella lavorazione della ghiaia e sabbia del Reno).
24 luglio 1943
51 bombardieri Boeing B-17 “Flying Fortress” della 12th Air Force dell’USAAF (97th e 99th Bomber Group), su 57 decollati dall’Algeria (con serbatoi supplementari ricavati nei vani bombe: sono al limite dell’autonomia), bombardano la città tra le 10.10 e le 12.07, avendo come obiettivo gli scali ferroviari. In tutto vengono sganciate 600 bombe da 500 libbre, cioè circa 136 tonnellate, da 7000 metri di altezza; gli obiettivi vengono colpiti (la ricognizione statunitense giudicherà poi che una buona parte delle bombe sia andata a segno),  ma molte bombe cadono anche sul resto della città, colpendo tra gli altri il Palazzo Comunale (Palazzio D’Accursio, del quale viene distrutta la torre angolare sud-occidentale), la Prefettura (danneggiati anche gli alloggi del prefetto, che verrà ospitato dal cardinale Nasalli Rocca), la Basilica di San Francesco (che subisce crolli parziali della facciata e delle navate laterali), l’Ospedale Maggiore (distrutta l’ala che dà su via Riva Reno, con molti morti, tra cui il direttore della farmacia ed alcuni infermieri; i malati gravi saranno trasferiti all’ospedale Sant’Orsola, gli altri in varie scuole della città: liceo Marco Minghetti, Istituto Pier Crescenzi e scuole del convento di San Domenico), l’Ospedale Militare in via dell’Abbadia, l’Hotel Brun (già Palazzo Ghislieri), Palazzo Caprara Montpensier, Palazzo Orlandini-Marescalchi, la casa natale di Guglielmo Marconi, la chiesa di San Nicolò di San Felice (gravemente danneggiata), il quattrocentesco Palazzo Ariosti, Palazzo Predieri e la tomba monumentale del giurista medievale Rolandino de’ Passaggieri (completamente distrutta). In Piazza Malpighi vengono colpiti il Palazzo Pellegrini ed il Palazzo Beccadelli; Porta Nuova viene sfiorata dalle bombe, mentre gli edifici circostanti sono distrutti.
Tra le zone colpite vi sono: Piazze Galileo, S. Francesco e S. Domenico, vie Foscherari, Farini, Novembre, Cesare Battisti, Ugo Bassi, Belvedere, Testoni, Borghetto, N. Sauro, Lame, San Lorenzo, Calcavinazzi, Abbadia, (Ospedale Militare), San Felice, Riva di Reno, Malvasia, S. Pio V, Saffi, Timavo, Piave, Col di Lana, Vittorio Veneto, Lazzaretto, Duca d’Aosta (oggi via Andrea Costa) e mura interne di Porta Lame. 85 edifici vengono distrutti, 61 sono semidistrutti e 259 danneggiati.
Viene ferito a morte l’economo dell’ospedale pediatrico Sorbi Vicoli, detto l’Ospedalino, mentre la struttura subisce danni molto modesti.
Muoiono circa 200 civili (secondo alcune fonti, vi sarebbero state 163 vittime e 270 feriti, o 173 morti); l’incursione ha colto di sorpresa la popolazione, perché l’allarme è suonato alle 9.50, dieci minuti prima dell’orario dell’esercitazione quotidiana, e molti hanno pensato ad un errore.
Tra i testimoni del bombardamento vi è anche il pianista e compositore Livio Liviabella, che si trova proprio al pianoforte in un appartamento non lontano dalla stazione: sta componendo la Cantata per soprano, baritono, voce recitante, coro e orchestra "Sorella Chiara", e segnerà sullo spartito il momento in cui si è verificato il bombardamento.
Un altro intellettuale italiano che viene sorpreso a Bologna dai bombardamenti è Pier Paolo Pasolini, che per questo lascerà la città.
S’intensifica lo sfollamento verso le campagne ed i paesi dell’Appennino.
2 settembre 1943
Bombardamento di 74 bombardieri B-17 di 97th e 99th Group della 12th USAAF (su 81 decollati), che tra le 10.40 e le 13 colpiscono il loro obiettivo – lo scalo ferroviario – ma anche la città, specialmente la Manifattura Tabacchi e le zona di via Lame, piazza VIII Agosto e via del Borgo. 40 edifici sono distrutti, altrettanti semidistrutti e 150 danneggiati; le vittime civili sono 30 (per altra fonte, 17 morti e 30 feriti).
Le vie più colpite sono le vie Drapperie, del Borgo, Mascarella, Nazario Sauro, Azzogardino, Lame, Cairoli, Pietramellara, Canarini, Inviti, De Crescenzi, Rusconi, Tanari, Carracci, Del chiù, Prati di Caparra, oltre alla Piazza di Porta Lame.
Vengono danneggiate, tra l’altro, le chiesa dei Santi Filippo e Giacomo e di Santa Maria del Buon Pastore; la millenaria Porta del Poggiale viene irrimediabilmente cancellata da una bomba. Una bomba che colpisce il panificio Atti perfora tutti i piani dello stabile e finisce in un mucchio di sacchi di farina nel magazzino, senza esplodere. L’Ospedalino viene colpito di nuovo e questa volta è in larga parte distrutto (ma senza vittime), tanto da dover trasferire suore e piccole pazienti all’Ospizio di Sant’Anna.
Anche la caserma dei Vigili del Fuoco in via Pietramellara viene completamente distrutta, costringendo i pompieri a trasferirsi nello stadio del Littoriale.
25 settembre 1943
71 bombardieri B-17 della 12th USAAF (97th e 99th Bomb Group del 5th Wing), su 113 decollati dalla Tunisia (altre fonti parlano invece di 120 bombardieri giunti su Bologna), bombardano di nuovo Bologna tra le 10.55 e le 11.55, sganciando in tutto 840 ordigni da 500 libbre per complessive 210 tonnellate di bombe: l’obiettivo è ancora lo scalo ferroviario, ma la grossolana imprecisione del bombardamento – a causa della fitta copertura nuvolosa, che costringe decine di altri aerei a cambiare obiettivo, attaccando anche Firenze – ha effetti catastrofici: viene colpita tutta la città, soprattutto il centro storico ma anche la periferia, il quartiere Bolognina e la zona dell’Ippodromo; viene colpito ancora l’Ospedale Maggiore ed anche l’Ospedalino, che viene quasi completamente distrutto (sei uomini, che stavano qui lavorando al recupero del materiale, rimangono sepolti ed uno solo viene estratto vivo; altre cinque persone restano bloccate nel rifugio dell’ospedale, ma vengono soccorse). Gli edifici completamente distrutti sono 295, quelli semidistrutti 199 e quelli danneggiati 371.
L’allarme squilla per tre volte verso le 11, ma la gente crede che sia il solito preallarme di prova, che viene suonato a quest’ora. Poi, però, le sirene seguitano a suonare ancora, altre sette volte: si tratta dell’allarme, senza che vi sia stato un preallarme, ed i passanti corrono allora verso i rifugi, ma i bombardieri sono già sopra la città.
Il numero di vittime è il più alto di una singola incursione su Bologna, ed uno dei più alti causati da un singolo bombardamento su una città italiana: a seconda delle fonti, 936 o 1033 morti, oltre a più di un migliaio di feriti (è possibile che il bilancio iniziale sia stato di 936 vittime, poi salite a 1033 a seguito del decesso di decine di feriti).
Più fattori contribuiscono ad aggravare il bilancio: il ritardo dell’allarme, suonato solo quando gli aerei sono già sopra la città (questo perché, dopo l’armistizio e la disgregazione del Regio Esercito, i posti di avvistamento di Sabbiuno e del Monte San Donato sono stati abbandonati, mentre le forze tedesche non hanno ancora ricostituito la rete di avvistamento); il rientro in città di molti sfollati (parecchi si sono portati anche il bestiame dalle campagne), convinti che ora, non essendo più l’Italia in guerra contro gli Alleati, i bombardamenti siano finiti; il particolare affollamento causato dalla giornata di mercato (le bombe cadono infatti anche sulla Piazzola, il mercato storico della città); la distruzione di un rifugio di fortuna tra le vie Roma (oggi Marconi) e Leopardi. Tale rifugio, consistente nel tunnel formato dalla copertura in cemento del canale Cavaticcio, ed avente la capienza di 2800 persone, viene colpito da diverse bombe e crolla parzialmente (50 metri, su 105 di lunghezza); le vittime tra gli occupanti – uccise dallo spostamento d’aria degli scoppi, o dal crollo del tunnel – sono centinaia.
Molte altre vittime, secondo il ricordo dell’allora sedicenne Ermenegildo Bugni, vengono falciate mentre tentano di raggiungere il rifugio antiaereo della Montagnola.
Il bombardamento colpisce le principali vie della città; le zone più devastate sono le piazze di Porta Ravegnana, Malpighi, della Mercanzia, S. Martino, Rossigni, Aldrovandi, Umberto I (oggi dei Martiri) e San Francesco e le vie Rizzoli, Indipendenza, Zamboni, San Vitale, Irnerio, Altabella, Oberdan, Righi, Centotrecento, Belle Arti, Piella, Mentana, Albiroli, Mascarella, Berti Pichat, Capo di Lucca, Belmeloro, Roma (oggi Marconi), Galliera, Lame, San Felice, Riva di Reno, Nazario Sauro, Santa Maria Maggiore, del Porto, Pagliacorta, Dogali (oggi Gramsci), dei Mille, Carlo Alberto (oggi Don Minzioni), Riva Reno, Azzogardino, San Carlo, Montebello, Milazzo, Savenella, Sant’Isaia, Fratello, Pietralata, della Grada, Paradiso, Testoni, Portanova, San Francesco (oggi de Marchi), Saffi, Zanardi, Berti, De Crescenzi, Balbo (oggi Matteotti), Ferrarese, Saliceto, Spada, Tiarini, Cignani, Mitelli, Lombardi, Barbieri, Raimondi, Andrea da Faenza, Mura di Porta Sant’Isaia (oggi Monaldo Calari), Mura di Porta San Felice.
Tra gli edifici gravemente danneggiati vi è il Palazzo della Mercanzia, che viene squarciato (i danni saranno amplificati il 27 settembre, quando un sottufficiale tedesco farà brillare una bomba inesplosa, demolendo quasi tutto il lato orientale dell’edificio); Palazzo Malvezzi Campeggi, del quale crolla un angolo; di nuovo la Basilica di San Francesco (che ha ricevuto alcuni provvisori lavori di consolidamento dopo i danni del 24 luglio), che subisce ulteriori crolli e la devastazione della tomba di Papa Alessandro V. Casa Castelli, quattrocentesca, viene distrutta. Crolla anche gran parte delle volte delle chiese di Santa Maria Maddalena, dei Santi Carlo e Ambrogio e di Santa Maria della Purificazione e San Domenico, mentre la chiesa del Sacro Cuore alla Bolognina perde gran parte della propria facciata e della parte anteriore della navata; l’oratorio salesiano ad esso annessa viene in gran parte distrutto. Danneggiate anche le chiese di San Martino, San Giorgio in Poggiale (della quale crolla la volta) e Santa Maria Maggiore ed il Seminario regionale. Una vera strage si verifica tra cinema e teatri: vengono distrutti i tetri Verdi, Apollo ed Arena del Sole ed il cinema Italia. Anche lo Sferisterio viene distrutto; così pure il Monte dei Pegni, dove perdono la vita nove dipendenti, e l’antica farmacie delle Lame, dove trovano la morte il farmacista, dottor Gattamorta, e la figlia. Nella nuova sede del “Resto del Carlino”, colpita, muoiono sette operai, e si contano vittime anche tra i dipendenti della torrefazione Caffé Roversi, gravemente colpita.
Nuova, enorme ondata di sfollamento. Qualche decina di sfollati è ospitata nella Villa Mussolini di Riccione.
1° ottobre 1943
Tre o quattro bombardieri della 12th USAAF, non essendo riusciti a trovare il loro obiettivo primario (Wiener Neustadt), sganciano le loro bombe contro lo scalo ferroviario di Bologna, tra le 14.45 e le 15. Gli ordigni finiscono invece sull’abitato, in particolare sul rione Beverara e sull’omonima via, distruggendo due edifici, semidistruggendone un terzo e danneggiandone altri due. Vi sono dieci vittime.
5 ottobre 1943
Bombardamento, tra le 11.15 e le 13, da parte di 124 B-17 del 5° Stormo della 12th USAAF (su 139 partiti; uno viene perduto) che sganciano circa 1500 bombe da 500 libbre, ossia 365 tonnellate di ordigni. L’obiettivo, lo scalo ferroviario, è colpito, ma così anche il quartiere Cirenaica (risparmiato dai precedenti bombardamenti), le zone di Porta Lame e Porta San Felice (dove passano le linee della ferrovia) e la sede del Resto del Carlino (gravemente danneggiata); sono distrutti 144 edifici, semidistrutti 218 e danneggiati 164. Le vie più colpite sono le vie Taglia Pietre, del Riccio, Bellombra, Masini, Montebello, Milazzo, Inviti, Tanari, Fioravanti, Tiarini, Beverara, Barca, Prati di Caprara, Caserma di Cavalleria.
Muoiono circa 80 civili, ed altrettanti sono feriti (per altra fonte, i morti sono 52 ed i feriti 75). Nella stazione centrale, che viene completamente distrutta, più di un migliaio di viaggiatori riescono a salvarsi nei sottopassaggi.
Viene semidistrutta anche la Chiesa del Corpus Domini. Subiscono gravi danni il mercato ortofrutticolo e lo zuccherificio.
Molti i senzatetto; parecchi sono alloggiati dalla Curia a Villa Revedin, ma i più vanno ad ingrossare il crescente numero degli sfollati. Il 10 ottobre 1944 il parroco e trecento parrocchiani del Pontevecchio fanno voto di costruire un tempio dedicato a Santa Teresa se verranno risparmiati dai bombardamenti e dai combattimenti.
Alla fine dell’autunno 1943 la popolazione bolognese è calata da 318.000 a 200.000 persone a seguito dello sfollamento.
29 gennaio 1944
Incursione di 39 bombardieri B-17 (su 41 decollati da Cerignola, mentre un altro è tornato alla base ed un secondo sgancia le bombe altrove; altra fonte parla di 80 aerei in tre ondate) della 15th Air Force dell’USAAF (5th Bomb Wing, 301st Group), che attaccano lo scalo ferroviario tra le 11.30 e le 12.50 dopo aver rinunciato al loro obiettivo primario, Prato (causa maltempo). Da oltre 8000 metri di quota vengono sganciate 468 bombe da 500 libbre, per un totale di 117 o 120 tonnellate; molte bombe finiscono però a sud e sudest dell’obiettivo, per un raggio di 2 km. Lo scalo viene colpito ma così anche il centro storico, l’Archiginnasio ed il Teatro del Corso, semidistrutto (viene colpito mentre si tengono le prove del «Barbiere di Siviglia», ma il maestro Adolfo Avisi e gli orchestrali riescono a salvarsi) e mai più ricostruito.
Vengono colpite le piazze Galvani, San Giovanni in Monte, Porta Lame, Maggiore e Santo Stefano, e le vie Indipendenza, Oberdan, Venezia (oggi Caduti di Cefalonia), Altabella, Valdonica, Capo di Lucca, Manzoni, Galliera, Volturno, Mentana, Tanari, dei Mille, del Porto, Riva di Reno, Otto Colonne, Marghera (oggi Fratelli Rosselli), Pietramallara (e la Distilleria Sarti), Cesare Battisti, Tagliapietre, Santa Margherita, Altaseta, IV Novembre, Farini, Foscherari, Santo Stefano, San Felice, Remorsella, Guerrazzi, Strada Maggiore.
Tra gli edifici che subiscono gravi danni o rimangono semidistrutti vi sono anche Palazzo De Bianchi, Palazzo Conforti, Palazzo Gnudi, Casa Fontana, Casa Machiavelli, Palazzo Orlandini già Marescalchi, l’Oratorio di San Filippo Neri, la chiesa di San Giovanni in Monte, la casa natale di Guglielmo Marconi, il Grand Hotel Baglioni (già Palazzo del Seminario Arcivescovile), la sede del giornale «L’Avvenire d’Italia» e di nuovo la chiesa del Corpus Domini. L’Ospedalino viene colpito ancora una volta e completamente raso al suolo, ed anche l’Ospizio di Sant’Anna viene gravemente danneggiato.
In tutto vengono distrutti 105 edifici, semidistrutti 154 e danneggiati 118. Risultando particolarmente colpito il centro storico, è questa l’incursione più distruttiva in termini di danni subiti dal patrimonio artistico.
Vi sono 31 morti e 47 feriti; non di più perché, questa volta, i rifugi antiaerei reggono all’incursione.
Particolarmente gravi i danni all’Archiginnasio (sede di una biblioteca storica con 447.000 volumi), centrato da una bomba alle 12.06 con completa distruzione dell’ala orientale, comprensiva del Teatro Anatomico, della cinquecentesca Cappella di Santa Maria dei Bulgari (affrescata da Bartolomeo Cesi), della Direzione e della Sala 16, dove sono conservati i manoscritti ed i rari (i più importanti, per fortuna, sono già stati trasferiti a Casaglia a scopo precauzionale). I libri sopravvissuti al bombardamento, faticosamente raccolti dal personale dell’Archiginnasio nei giorni successivi, verranno trasferiti nella frazione di Canaglia il 4 febbraio.
Dei bombardieri, 15 verranno danneggiati (due in modo grave) dal tiro della contraerea, che viene valutato come intenso e preciso.
22 marzo 1944
88 bombardieri B-24 della 15th USAAF (su 134 partiti), dopo aver rinunciato ad attaccare il loro obiettivo primario a Verona, sganciano le loro bombe (875, per complessive 223,8 tonnellate) contro lo scalo ferroviario di Bologna (tra le 16.17 e le 17.17), ma colpiscono anche la città (piazze della Vittoria – oggi Roosevelt –, Umberto I e Malpighi e vie Roma, Azzogardino, Lame, Avesella, Riva di Reno, Milazzo, San Felice, Sant’Isaia, Solferino, Ruini, Miramonte, Cesare Battisti, Portanova, Toscana, Gandino, degli Scalini, Sabbioni, Saragozza, Duca d’Aosta – oggi A. Costa –, Roncati, Audinot, Bellinzona, Carracci, Nicolò dell’Arca, Fioravanti, A. di Vincenzo, Zampieri, Tibaldi, San Donato, Piana, Vezza, Rodi – oggi Gastone Rossi –, Libia, Viale Pietramellara, Mura interne di Sant’Isaia), provocando molti danni (70 edifici distrutti, 130 semidistrutti, 300 danneggiati) ed uccidendo circa 200 civili (per altra fonte, 187 vittime e 110 feriti, o 182 morti e 110 feriti). Viene di nuovo colpito il rifugio del tunnel del canale Cavaticcio: in una ripetizione della tragedia del 25 settembre, metà del tunnel crolla ed un imprecisato numero di occupanti viene ucciso dallo spostamento d’aria provocato dall’esplosione.
La chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, già danneggiata da precedente incursione, viene colpita nuovamente e completamente distrutta; crollano parzialmente Palazzo Davia, Palazzo Pellegrini e la Villa Guastavillani, gravemente danneggiati Palazzo Montpensier, la Facoltà di Ingegneria, l’Istituto Pier Crescenzi, la chiesa ed il convento di San Giuseppe. Diverse bombe sono sganciate contro il Pontevecchio, ma colpiscono invece le case circostanti.
Per la prima volta le bombe cadono anche sulla zona collinare a sud di Bologna, rimasta finora indenne.
7 aprile 1944
Un gruppo di oltre 400 bombardieri della 15th USAAF bombarda gli scali ferroviari di Bologna, Treviso, Mestre, Prato e Ferrara; 130 (200 per altra fonte) sono i velivoli che attaccano Bologna, tra le 13.24 e le 14.02. Le bombe (circa 5000 da 100 libbre ciascuna, per totali 239,5 tonnellate) colpiscono l’obiettivo (questa volta lo scalo ferroviario di San Donato, detto anche Stazione Nuova) ma anche la città, soprattutto in periferia (30 edifici distrutti, 30 semidistrutti, 40 danneggiati), causando 40 vittime tra i civili (per altra fonte, 51 morti e 52 feriti; per altra ancora, 30 vittime civili). Colpite le vie del Gomito, Mascarella (oggi Stalingrado), Cadriano, Michelino, De Amicis, del Terrapieno, San Donato, Pilastro, Casaralta, San Vitale, Larga, Bassa dei Sassi, Cerodolo, Pioppe, del Sostegno, il Vicolo dei Prati e Borgo Panigale.
30 aprile 1944
Bombardamento da parte di 100 velivoli, tra le 14 e le 14.50. Solo tre edifici vengono distrutti (in Via di Corticella); non vi sono vittime, ma tre persone rimangono ferite.
2 maggio 1944
Bombardamento da parte di 70 aerei, tra le 11.45 e le 13.25. Quattro edifici danneggiati nelle vie di Corticella, Arcoveggio e delle Roveri; vi sono 7 vittime e 4 feriti.
12 maggio 1944
Attacco di un singolo aereo in mattinata, con due feriti a Borgo Panigale.
13 maggio 1944
670 bombardieri della 15th USAAF attaccano gli scali ferroviari di Bologna, Parma, Modena, Piacenza e Trento. Bologna viene bombardata tra le 14.30 e le 15.30 da 200 aerei del 304th Bomb Wing, decollati da San Giovanni in Fiore (Puglia), che sganciano 765 bombe, per totali 380 tonnellate (altra fonte, riferita alla 15th USAAF, parla invece di 33 bombardieri e 98 tonnellate di bombe: è possibile che il resto fossero bombardieri non appartenenti alla 15th USAAF). Viene colpito l’obiettivo (stazione ferroviaria principale e scali di San Ruffillo, San Donato e Castel Maggiore; bombe finiscono anche sull’aeroporto di Borgo Panigale) e, ancora una volta, la città (colpiti, tra l’altro, il mercato ortofrutticolo ed i magazzini generali della Bolognina; vengono distrutti 31 edifici, semidistrutti altrettanti e danneggiati 43), con oltre cento vittime e 220 feriti tra la popolazione civile (altra fonte parla invece di 33 morti e 49 feriti).
Il bombardamento coinvolte viale Masini, le vie: Mascarella (Cavalcavia), Italo Balbo, Ferrarese, A. di Vincenzo, Nicolò dell’Arca, Albani, Franco Bolognese, Tibaldi, Jacopo della Quercia, Algardi, Raimondi, Rosaspina, Serlio, Guelfa, Due Madonne, San Antonino, Toscana, Della Battaglia, Monte Donato, Angelo Custode, Bruschetti e Marco Celio e Piazza Unità.
Su Borgo Panigale 29 bombardieri sganciano 87 tonnellate di bombe contro lo scalo ferroviario, ma senza riuscire a renderlo inutilizzabile.
19 maggio 1944
500 bombardieri della 15th USAAF attaccano obiettivi a Bologna, Genova, La Spezia, Livorno, Rimini e Porto Marghera. A Bologna 100 velivoli bombardano lo scalo ferroviario (altra fonte parla però di 31 bombardieri della 15th USAAF, che sganciano 136,2 tonnellate di bombe); 16 edifici vengono distrutti, 6 semidistrutti e 12 danneggiati (colpite Porta Santo Stefano, Viale Carducci e le vie Santa Chiara, Zambrini, di Barbiano, del Piombo, Mazzini, Guelfa, Larga, Mondo e Giardini Margherita). 47 i morti, 10 i feriti.
5 giugno 1944
440 bombardieri B-24 della 15th USAAF attaccano gli scali ferroviari di Bologna e Ferrara. Bologna viene attaccata da 69 o 76 bombardieri del 98th e 449th Bombing Group del 47th Wing, decollati da Lecce, che sganciano 169,8 tonnellate di bombe – 678 ordini da 500 libbre, da quote comprese tra i 5800 ed i 7200 metri – e subiscono la perdita di un B-24 colpito dalla contraerea. Benché il risultato venga giudicato “buono” (cioè, accurato) nei rapporti di missione – d’altra parte, per gli standard dell’USAAF è accurata un’incursione nella quale almeno metà delle bombe cade entro 300 metri dall’obiettivo –, viene colpita anche la città (viali Pietramellara, Masini e Zanolini, vie San Giacomo, del Borgo, Mascarella, San Donato, della Villa, Ranzani, dei Mille, Milazzo, Montebello, Italo Balbo, Arcoveggio, Tiarini, Antonio di Vincenzo, Zampieri, dell’Arca, Albani, Carracci, Fioravanti, della Grazia e Lame, piazze: XX Settembre, del Popolo, Mura interne Zamponi e Galliera), specie il Borgo San Pietro (49 edifici distrutti, 23 semidistrutti e 28 danneggiati) ed il santuario della Beata Vergine del Soccorso, il cui parroco, don Arturo Giovannini, muore nel parziale crollo dell’edificio. In tutto le vittime sono 12, i feriti 7.
22 giugno 1944
600 bombardieri B-17 e B-24 della 15th USAAF (55th Wing) attaccano Bologna, Torino, Udine, Modena, Parma e Pola. A Bologna l’obiettivo è sempre lo scalo ferroviario (per altra fonte il cavalcavia ferroviario di Porta Mascarella), sul quale 65 aerei sganciano 129,9 tonnellate di bombe, ma di nuovo viene colpita la città (piazze VIII Agosto e Malpighi, vie Rizzoli, Altabella, del Guasto, Del Borgo, Irnerio, Centotrecento, Filippo Re, Moline, Belle Arti, Zini – oggi via Venturini –, Marsala, Mascarella, Capo di Lucca, Del Pallone, Indipendenza, Volturno, Galliera, Sant’Isaia, Portanova, Frassinago, San Felice, Vittorio Veneto, A. da Faenza, L. Spada, Corticella, A. M. Colonna e Franco Bolognese, Viale Berti Pichat, Largo Respighi), soprattutto il centro storico e l’Arcoveggio (colpito l’Ippodromo). Il santuario della Beata Vergine del Soccorso viene colpito ancora e completamente distrutto; lo stesso accade alla chiesa di Santa Maria della Purificazione e San Domenico (detta anche della Mascarella) ed al palazzo Salina, le cui macerie ostruiscono via Volturno.
Le vittime civili sono 20 (per altra fonte 9, con 35 feriti); non di più soprattutto perché l’allarme è stato dato in tempo e la gente si è messa al riparo nei rifugi. Secondo alcuni testimoni, durante questo bombardamento la cima della torre Asinelli oscilla di più di mezzo metro, a causa dello spostamento d’aria.
22 giugno 1944
Attacco aereo tra le 10 e le 13.15. Vengono distrutti 51 edifici, semidistrutti 68, danneggiati 79; le vittime sono otto mentre altre 70 persone rimangono ferite.
26 giugno 1944
Attacco da parte di un singolo aereo, nelle prime ore della notte. Un edificio in via Zanoni viene distrutto, quattro semidistrutti, uno danneggiato; muoiono 22 persone ed altre 23 rimangono ferite.
5 luglio 1944
Attacco sull’aeroporto da parte di 7 aerei, che causano cinque morti ed un ferito.
21 luglio 1944
Attacco aereo minore sulle vie San Felice, Saffi ed Emilia Ponente, che semidistrugge un edificio e causa 9 feriti.
24 luglio 1944
Attacco aereo minore sulla stazione ferroviaria di Corticella, che provoca tre vittime.
29 luglio 1944
Attacco aereo minore, che distrugge un edificio in Via Ferrarese e ne danneggia cinque; vi sono 3 morti e 8 feriti.
7 agosto 1944
Attacco aereo minore sulla stazione di Corticella e sulla zona circostante.
9 agosto 1944
Attacco aereo minore, di notte, ancora su Corticella.
16 agosto 1944
Attacco da parte di 23 aerei. Un edificio distrutto in via Marco Emilio Lepido, uno semidistrutto e due danneggiati.
22 agosto 1944
Attacco aereo minore. Tre vittime, un edificio danneggiato in via Francesco Albani.
23 agosto 1944
Attacco aereo minore, colpite Piazza San Giovanni in Monte e le vie Castiglione e Farini.
24 agosto 1944
Bombardamento notturno da parte di 74 o 76 aerei britannici della RAF MAAF (Mediterranean Allied Air Force, precisamente il 205th Group RAF), con obiettivo, come sempre, lo scalo ferroviario; vengono sganciate 190 tonnellate di bombe. Ancora una volta questo viene colpito ma anche la città, specie le zone Sant’Orsola e Bolognina (48 edifici distrutti, 46 semidistrutti e 142 danneggiati). Sono colpite la Strada Maggiore, le vie Goito, Monari, Galliera, San Giorgio, Dei Mille, Dogali, Boldrini, Nazario Sauro, Riva di Reno, Tanari, Montebello, Lame, San Felice, Fondazza, San Petronio Vecchio, Zucchi, Bianchini, Saragozza, Pasubio, Montenero, Timavo, Montello, Gorizia, Malvasia, Cassarini, Pier Crescenzi, Emilia Ponente, Beverara, Carracci, Italo Balbo, Mazza, Albani, Franco Bolognese, Barbieri, Calvart, Antonio di Vincenzo, Nicolò dell’Arca, Fioravanti, Serra, Jacopo della Quercia, Serlio, Bigari, Creti, Raimondi, Algardi, Tibaldi, Zampieri, Ferrarese, Croce Coperta, Corticella, Regnoli, San Vitale (e la Clinica Oculistica che vi si trova), il Vicolo Tanari ed i viali Ercolani e Berti Pichat (con l’Officina Azienda del Gas).
Un centinaio le vittime tra la popolazione civile (altra fonte parla di 71 morti e 59 feriti).
25 agosto 1944
Attacco aereo minore su Corticella, alle 8.30. Quattro feriti.
26 agosto 1944
Attacco aereo minore su Corticella, nottetempo.
27 agosto 1944
Incursione notturna di lieve entità, che coinvolge Piazza Rossini, Corte Galluzzi e le vie Marsala, Piella, Due Madonne (e la caserma che vi si trova) Fossalta e Pignataro. Semidistrutto un edificio.
28 agosto 1944
Attacco aereo minore, notturno; colpite Porta Galliera, Via Santo Stefano angolo Via Rialto e le vie Orfeo, Bassa dei Sassi ed Agucchi. Un edificio è distrutto, due persone rimangono uccise e 7 sono ferite.
31 agosto 1944
Attacco aereo minore (colpite Porta Santo Stefano e Via Toscana), con due feriti.
1° settembre 1944
Nuova incursione notturna di 67 o 75 bombardieri della RAF MAAF (205th Group RAF), tra le 22.30 e l’1.05, che sganciano 160,4 tonnellate di bombe contro lo scalo ferroviario. Colpito l’obiettivo ed anche la città, soprattutto le zone Bolognina (quartiere popolare sito alle spalle della stazione ferroviaria) ed Arcoveggio (distrutti 17 edifici, semidistrutti 44, danneggiati 52), con altri cento morti (altra fonte parla di 31 vittime e 60 feriti) di cui 25 in un solo rione.
Colpite le vie Magenta, Saliceto, Barbieri, Nicolò dell’Arca, San Felice, Montenero, Aglebert, della Certosa, Littoriale (oggi Stadio Dallara) e la zona ferroviaria presso via San Donato.
Sono bombardati anche il deposito dell’Azienda tranviaria alla Zucca e le zone della Certosa e del Littoriale.
Durante le incursioni notturne di settembre, la RAF impiegherà anche le bombe «blockbuster» da 1814 kg. Questi attacchi vedranno inoltre la partecipazione di cacciabombardieri della Francia libera.
5 settembre 1944
Attacco minore da parte di otto aerei, nella tarda mattinata, con il danneggiamento di 13 edifici (nelle vie del Parco e San Vitale, oggi Massarenti), un morto e quattro feriti.
6 settembre 1944
48 o 51 bombardieri della RAF MAAF, 205th Group RAF (su 67 partiti; uno va perduto) sganciano di notte (tra le 21.30 e l’1.10) 176,9 tonnellate di bombe sullo scalo ferroviario, colpendo sia questi che la città, in particolare le zone Certosa e San Donato (tre edifici distrutti, tre semidistrutti, cinque danneggiati). Colpite le vie San Donato, Cadriano, Viadagola, Frabazza, Battindarno, Speranza e dei Colli, e le località Ghisello e Malcantone. 9 morti e 8 feriti.
12 settembre 1944
Bombardamento notturno (tra le 21.20 e l’una) da parte di 76 od 84 velivoli della RAF MAAF (205th Group RAF; su 90 aerei decollati, due dei quali vanno perduti), che colpiscono con 241 tonnellate di bombe sia l’obiettivo – lo scalo ferroviario di San Donato – che la città (Strada Maggiore, Vicolo Bolognetti, Via Magarotti – oggi dei Bersaglieri –, Begatto, San Petronio Vecchio, Guerrazzi, San Vitale, Castiglione, Cadriano, San Donato e Pilastro). 4 edifici sono distrutti, 6 semidistrutti, 21 danneggiati. C’è una vittima.
13 settembre 1944
Attacco di un singolo aereo alle 23.30, con il danneggiamento di due edifici nelle vie Azzogardino e Rondone.
14 settembre 1944
Attacco aereo minore su San Ruffillo.
16 settembre 1944
Conclusasi la parentesi della RAF, ricominciano i bombardamenti diurni dell’USAAF. Tra le 9.30 e le 10 (per altra fonte le 21.30, ma sarebbe un orario inconsueto per l’USAAF) 120 velivoli della 12th USAAF attaccano lo scalo ferroviario, ma colpiscono invece la città, soprattutto la periferia settentrionale (vie Emilia Levante, delle Fosse, del Parco, Castelmerlo, Parisio, San Felice, San Vitale e San Donato, vicolo Bianco e località: San Ruffillo, Roveri e Pontevecchio) e Porta Zamboni (14 edifici distrutti, 13 semidistrutti, 45 danneggiati). Vi sono 59 morti e 18 feriti (altra fonte parla di 45 morti e 60 feriti).
Alcune bombe, finite nel centro cittadino, danneggiano la chiesa di Santa Maria della Carità e distruggono quella di San Sebastiano, mai più ricostruita.
17 settembre 1944
Attacco da parte di 30 aerei, tra le 12 e le 12.30. 11 edifici vengono distrutti, 12 semidistrutti, 6 danneggiati (vie Serena, Piana, Croce Coperta e Saliceto); tra la popolazione ci sono 7 morti e 6 feriti.
18 settembre 1944
Attacco, tra le 11.30 e le 12.20, da parte di 10 aerei, che colpiscono le vie Sigonio, Filanda e Lunetta Gamberini. Un ferito e tre edifici distrutti.
23 settembre 1944
Attacco aereo minore in mattinata. Sei edifici semidistrutti nelle vie San Mamolo e San Frediano.
24 settembre 1944
Attacco aereo notturno, da parte di cinque velivoli. Sei edifici semidistrutti, otto morti e quattro feriti nelle vie Fanghi, Roncati e Toscana.
26 settembre 1944
Lancio di spezzoni incendiari tra le 12.30 e le 13.50, poi azioni di mitragliamento nel tardo pomeriggio. Colpiti lo scalo di San Donato, Via del Faggiolo e l’Ospedale Pizzardi.
27 settembre 1944
Incursione notturna da parte di quattro aerei (colpite Strada Maggiore, Piazza Ravegnana e le vie del Luzzo, Rizzoli, Santa e Marsala). Tre vittime, dieci edifici semidistrutti.
3 ottobre 1944
Attacco aereo minore nel pomeriggio; colpite Via Toscana e la stazione di San Ruffillo.
4 ottobre 1944
L’artiglieria Alleata, posizionata nei dintorni di Livergnano, cannoneggia Bologna per la prima volta. Una granata del «Long Tom» (cannone statunitense da 155 mm) cade in Piazza Maggiore e centra il Palazzo del Podestà, danneggiando degli affreschi di Adolfo De Carolis, mentre un’altra danneggia l’Albergo Stella d’Italia, provocando una vittima. La basilica di San Petronio, grazie a protezioni in muratura realizzate allo scopo, rimane indenne.
Altri colpi finiscono sulla zona orientale di Bologna, una delle poche finora risparmiate dalle bombe.
11 ottobre 1944
In mattinata (dalle 10.10 alle 10.25), cacciabombardieri dell’86th e 350th Fighter Group eseguono ripetuti attacchi sulla città, poi, nel pomeriggio (dalle 15.45 alle 16.25), 123 bombardieri B-26 “Marauder” del 42nd Bomb Wing della 12th USAAF sganciano 700 bombe da 500 e 1000 libbre. Per la prima volta, l’obiettivo non è lo scalo ferroviario: si tratta invece di un deposito munizioni, che viene colpito. Bombe finiscono, però, anche sulla zona degli ospedali e nelle vie Selva di Pescarola, Emilia Ponente (Pontelungo), Triumvirato e Toscana, oltre che a San Ruffillo. Quattro edifici sono distrutti (uno al mattino e tre nel pomeriggio) e 34 semidistrutti (tutti nel pomeriggio; le vittime sono 21 (5 in mattinata, 16 nel pomeriggio) ed i feriti 23 (tutti nel pomeriggio).
Le bombe colpiscono anche la frazione di Casaglia e l’edificio della locale Colonia Scolastica, dove sono stati trasferiti molti dei più preziosi libri dell’Archiginnasio dopo il bombardamento del 29 gennaio: muoiono una bambina, un’insegnante, diversi operai ed impiegati dell’Archiginnasio ed anche il suo direttore, Lodovico Barbieri, insieme ad Alcibiade Natalizi, addetto a Casa Carducci. Molti i danni ai libri.
12 ottobre 1944
Tra le 10.30 e mezzogiorno, 697 o 698 bombardieri B-17, B-24 e B-26 della 12th e 15th USAAF (scortati da 160 caccia P-38 e P-47), decollati dagli aeroporti attorno a Foggia, bombardano ancora la città (impiegando anche bombe a frammentazione), avendo come obiettivi dei depositi di munizioni e carburante, magazzini, concentrazioni di truppe ed aree bivacco, oltre che lo stabilimento della Ducati, convertito dai tedeschi in fabbrica di munizioni, l’aeroporto Marconi di Borgo Panigale ed i ponti sul Reno. (Altre fonti, probabilmente erronee, parlano di 434 od addirittura di 1200 bombardieri della 12th e 15th USAAF e della Desert Air Force in cinque ondate, tra le 9.30 e le 13.20, ma quest’ultimo numero sembra eccessivo).
L’operazione, chiamata «Pancake» (e comprensiva anche dell’incursione dell’11 ottobre), ha lo scopo di distruggere ogni rifornimento e capacità industriale e di resistenza delle forze tedesche a Bologna e dintorni, distruggendo inoltre le forze tedesche concentrate fuori dalla città, ed agevolare così l’offensiva della Quinta Armata statunitense, così da permettere la presa di Bologna prima nel Natale 1944 (ma in questo non riuscirà). Si tratta del bombardamento più pesante mai effettuato su una città italiana, con oltre 5000 bombe sganciate, per complessive 1293,8 tonnellate di esplosivo. La contraerea abbatte solo quattro velivoli.
Gli obiettivi vengono centrati, ma anche l’abitato, sia nel centro storico che in periferia. Lunghissimo l’elenco delle zone colpite: i viali Aldini, Pepoli ed Oriani, Piazza di Porta Sant’ Isaia, le mura interne di San Isaia (oggi via Monaldo Calari), le vie Fanghi, Roncati, Andrea Costa, Muratori, Malta, Saragozza, Audinot, Bellinzona, Rappini, Crocetta, Montello, Podgora, Col di Lana, Vittorio Veneto, Montenero, Tofane, Piave, Sabotino, Pasubio, S. Luca, Monte Albano, dei Gessaroli, Saffi, Emilia Ponente, Marco Emilio Lepido, Ducati, dello Scalo, Ghisiliera, San Pio, Secchia, del Chiù, Malvasia, Battindarno, del Cardo, Ariosto, Decumana, Berretta, Rossa, Lemonia, Bombelli, del Giglio, della Viola, Speranza, Agucchi, del Giacinto, Ponte Romano, Egnazia, Matteotti, Spada, Crespi, Procaccini, A. da Faenza, A. di Vincenzo, Tibaldi, Cignani, Fioravanti, Calvart, Arcoveggio, Bigari, Algardi, Creti, Ferrarese, Magenta, Albani, Corticella, Gandolfi, Nicolò dell’Arca, Sirani, delle Fonti, Malaguti, Cadriano, Rimesse, Azzurra, Verde, Crociali, Venturoli, Vizzani, Garzoni, Palagi, Pizzardi, Schiassi, del Ricovero (oggi via Albertoni), Bondi, Libia, Bengasi (oggi via Bentivogli), Rodi (oggi via G. Rossi), De Amicis, Regnoli, Tripoli (oggi via P. Fabbri), Derna (oggi via Sante Vincenzi), della Salita, del Parco, Dell’Argine, Castelmerlo, Fossolo, dei Maceri, Due Madonne, Mazzini, Emilia Levante, Alidosi, Pasquali, Mezzofanti, Tambroni, Guidicini, Albertazzi, Zanotti, Masi, Laura Bassi, Matteucci, Severino, Ferrari, Achillini, Sigonio, Leandro Alberti, Parisio, Vermena, della Battaglia, Toscana, Filippini, Pratello, Sant’Isaia, Pietralata, Santa Croce, della Grada, San Felice, De Marchi, Zamboni, San Vitale, Vicolo Bianco, Vicolo delle Case.
È il bombardamento più pesante e catastrofico – in termini di danni materiali – mai subito da Bologna, con 402 edifici distrutti ed 845 semidistrutti; in termini di perdite umane è il secondo più sanguinoso bombardamento subito da Bologna, dopo quello del 25 settembre 1943: le vittime civili sono circa 300 (373 secondo una fonte; oltre 400 per un’altra; per altra fonte ancora, 600 morti e 215 feriti).
La Clinica Ostetrica di Sant’Orsola, dov’erano stati trasferiti i malati dell’Ospedale Maggiore dopo che questo era stato bombardato, viene a sua volta colpita e gravemente danneggiata; i malati, salvati dal maggiore medico Augusto Bonola, sono in parte trasferiti all’Ospedale Rizzoli. La sede del “Resto del Carlino” subisce ulteriori danni, ed il giornale non potrà riprendere le pubblicazioni per cinque giorni. La ferrovia viene interrotta a Casaralta, Corticella, San Raffilo e Borgo Panigale.
Lo stabilimento Ducati di Borgo Panigale – il più grande di Bologna, con più di 6000 dipendenti – viene bombardato specificamente da 75 bombardieri (altri 5 sono rientrati per problemi ai motori) Consolidated B-24 “Liberator” (455th e 456th Bomb Group del 304th Wing), scortati da 12 caccia Lockheed P-38 “Lightning”: 21 bombe da 500 libbre (su 374 sganciate)  lo colpiscono alle 12.30 (prima ondata) ed altre dodici (su 358 sganciate) alle 13.30, demolendo 14 dei 40 padiglioni produttivi (magazzini, edifici produttivi, edifici adibiti al personale e l’edificio direzionale, impiegato come ospedale) e danneggiando al 70 % gli altri (altra fonte parla di 53 ordigni andati a segno). Un altro centinaio di bombe (92, secondo alcune fonti) esplode tutt’attorno allo stabilimento, isolandolo. La fabbrica, parte dei cui impianti produttivi è già stata decentrata altrove, viene messa completamente fuori uso; non vi sono vittime tra il personale, perché non è giorno lavorativo. Sempre a Borgo Panigale, viene messa fuori uso la linea ferroviaria.
Le bombe colpiscono anche il campo di smistamento delle Caserme Rosse, dove vengono concentrati i rastrellati per essere poi impiegati nel lavoro coatto sulla Linea Gotica od in Germania; contro le Caserme Rosse il 47th Bomb Wing dell’USAAF sgancia 750 bombe a frammentazione da 100 libbre (34 tonnellate in tutto), che distruggono cinque dei sei grandi edifici a U, le palazzine sede del comando ed altri edifici, in tutto i nove decimi del complesso. Diversi prigionieri vengono uccisi dalle bombe (non è loro permesso di usare i rifugi), mentre i superstiti approfittano per scappare, dato che nazisti e repubblichini si sono dileguati. Il bombardamento provocherà la chiusura del campo di smistamento (ma altri edifici, in altre parti della città, continueranno ad avere analogo uso).
Bologna rimane anche senza corrente.
Si tratta dell’ultimo vero e proprio bombardamento subito da Bologna; nei mesi successivi, però, si susseguiranno tiri d’artiglieria ed incursioni minori da parte di caccia e cacciabombardieri, specie Lockheed P-38 “Lightning” e Republic P-47 “Thunderbolt”.
13 ottobre 1944
Attacco aereo minore (in mattinata), che distrugge tre edifici e ne semidistrugge due nelle vie Selva di Pescarola, Roveretolo ed a Borgo Panigale.
15 ottobre 1944
Azione di mitragliamento aereo in mattinata a San Ruffillo.
14 ottobre 1944
Cinque B-26 “Marauder” del 319th Bomb Group (42nd Bomb Wing) decollati da Serragia (Corsica) bombardano il Pontelungo sul Reno, che collega Borgo Panigale al centro della città, ma non riescono a colpirlo.
21 ottobre 1944
Attacco aereo minore; due edifici distrutti ed uno semidistrutto in via Sant’Isaia.
24 ottobre 1944
Due attacchi aerei minori, uno in mattinata ed uno nel pomeriggio.
30 ottobre 1944
Attacco aereo minore in mattinata.
6 novembre 1944
Attacco, nella prima mattina, da parte di un singolo aereo; due edifici sono distrutti e 21 semidistrutti nelle vie Marchetti, Guglielmini, Parisio, Orti, Lamponi, Malvolta e Toscana.
11 novembre 1944
Attacco, nel primo pomeriggio, da parte di quattro aerei. Sei edifici sono semidistrutti nelle vie Sant’Andrea (oggi via Zappoli) e Zini (oggi via Venturini).
22 novembre 1944
Attacco da parte di sette aerei, nel primo pomeriggio. Tre vittime, dodici feriti e 24 edifici semidistrutti nelle vie Certosa e Michelino.
1° dicembre 1944
Attacco da parte di due aerei, alle 22. Viene distrutto un edificio ed altri otto sono semidistrutti in Piazza di Porta Sant’Isaia, via Sant’Isaia, mura di Porta Sant’Isaia (oggi Via Monaldo Calari) e vie Saragozza ec Osservanza.
10 dicembre 1944
Attacco da parte di un singolo aereo, attorno a mezzogiorno. Vi è una vittima e vengono distrutti due edifici nelle vie Saliceto e Corticella.
14 dicembre 1944
Attacco aereo minore in mattinata, colpite le vie Emilia di Levante e Toscana.
18 dicembre 1944
Attacco aereo minore in mattinata, con 4 edifici semidistrutti a San Ruffillo.
21 dicembre 1944
Attacco aereo minore. Due edifici semidistrutti a San Ruffillo.
22 dicembre 1944
Mitragliamento aereo in via Emilia Levante, poco dopo le 13. Quattro vittime.
25 dicembre 1944
Azione di mitragliamento in mattinata.
26 dicembre 1944
Mitragliamento aereo in mattinata, e sgancio di bombe sulla periferia e sulle colline circostanti.
27 dicembre 1944
Attacco da parte di un singolo bombardiere, che sgancia su Borgo Panigale nella tarda mattinata; colpite via Emilia Levante e San Vitale. Ci sono sei vittime.
28 dicembre 1944
Attacco da parte di un singolo aereo nel primo pomeriggio. Colpite Via Porrettana e San Ruffillo.
29 dicembre 1944
Attacco da parte di un aereo, che distrugge un edificio in via Codivilla. Più tardi, mitragliamento aereo.
30 dicembre 1944
Azione di mitragliamento aereo nel primo pomeriggio, a Monte Donato e su Via Porrettana.
31 dicembre 1944
Attacco minore da parte di cinque aerei, nella prima parte della mattina. Nuovo attacco aereo nel primo pomeriggio. Colpite le vie Ferrarese, Porrettana, Mazzini e San Vitale.
5 gennaio 1945
Mitragliamento aereo nel primo pomeriggio, a San Ruffillo.
12 gennaio 1945
Mitragliamento aereo in mattinata, sulla zona collinare a sudest della città.
16 gennaio 1945
Attacco notturno da parte di tre aerei, sulle vie Malvolta e Paradiso.
17 gennaio 1945
Attacco da parte di sette aerei, alle 15. Tredici edifici sono distrutti, undici semidistrutti nelle vie della Barca, Battindarno e San Ruffillo; ci sono 20 morti e 6 feriti.
22 gennaio 1945
Mitragliamento aereo a Monte Donato.
23 gennaio 1945
Attacco aereo notturno sulle colline.
25 gennaio 1945
Attacco aereo minore, nella tarda serata, sulle colline e su San Ruffillo.
4 febbraio 1945
Mitragliamento aereo nel primo pomeriggio, in Piazza Maggiore ed in periferia.
5 febbraio 1945
Attacco aereo minore nel pomeriggio, sulla zona collinare.
6 febbraio 1945
Mitragliamento aereo nel primo pomeriggio.
8 febbraio 1945
Mitragliamento aereo nel pomeriggio, da parte di cinque velivoli, nelle vie Rizzoli ed Ugo Bassi
2 marzo 1945
Attacco da parte di un singolo aereo nella tarda mattinata; colpite Via Toscana, Roveri e la settecentesca Villa Mazzacurati, che subisce gravi danni (la villa ospita un ospedale per feriti di guerra, ma i ricoverati sono stati evacuati prima dell’attacco, “grazie ad una soffiata”).
8 marzo 1945
Attacco da parte di tre aerei, in mattinata, in Via Val d’Aposa, Via Emilia Levante e Ponente, Via Mattei, San Ruffillo e la zona collinare. Vi sono sei vittime.
10 marzo 1945
Attacco da parte di quattro aereo, tra mezzogiorno e l’una, sulle vie Ghisello, San Ruffillo e mattei. Due vittime.
21 marzo 1045
Mitragliamento da parte di due aerei, in mattinata, sulle vie Santo Stefano, Mazzini, San Ruffillo e Roveri. Quattro vittime.
22 marzo 1945
Attacco aereo notturno su San Ruffillo, Roveri e Via Emilia Levante.
3 aprile 1945
Attacco aereo minore. Una vittima, e quattro edifici semidistrutti nelle vie San Michele in Bosco, Chiesanuova, San Ruffillo e due Madonne.
8 aprile 1945
Attacco da parte di tre aerei, tra le 22 e le 23.15. Due edifici sono semidistrutti (colpito anche lo stadio) e vi è una vittima.
15 aprile 1945
Tra il 15 ed il 18 aprile centinaia di bombardieri statunitensi, medi e pesanti (tra di essi, B-17 e B-24), bombardano le postazioni tedesche nei dintorni di Bologna in appoggio all’avanzata Alleata, con bombe a frammentazione.
Il 15 aprile, un totale di 831 aerei sgancia 1580,4 tonnellate di esplosivo sui dintorni di Bologna; alcune di queste bombe, sganciate da 21 aerei, colpiscono per sbaglio anche la città (vie Toscana, Parisio, Delle Armi, Malvolta, delle Fragole, dei Lamponi, degli Orti, Sabbioni, Della Barca, Battindarno, Beccaccino, della Filanda, Chiesanuova, Emilia Ponente – compreso il Pontelungo – e Casteldebole), causando 16 morti, 14 feriti e la distruzione totale di 28 edifici e parziale di altri 26.
16 aprile 1945
98 o 101 bombardieri della 15th USAAF (altra fonte parla di 27), nell’attaccare le posizioni tedesche attorno a Bologna con bombe a frammentazione (in totale 222,5 tonnellate sganciate), colpiscono con alcune bombe anche la periferia occidentale della città stessa (vie Tofane, Tolmino, Zambeccari, Montello, Saffi, Timavo, Col di Lana, Gorizia, Asiago, Podgora, Pasubio, San Pio V, Ghisiliera, Piave e della Secchia). Vengono distrutti 25 edifici, semidistrutti 51; ci sono 70 vittime e 30 feriti.
17 aprile 1945
Un altro aereo sgancia bombe per errore su Bologna (vie San Vitale, Lame, Toscana, Siepelunga, Malaguti e Zanolini), causando un morto, un ferito ed un edificio semidistrutto. Nel corso della giornata, sono 750 i bombardieri che sganciano 1648,9 tonnellate di bombe sulle adiacenze della città.
18 aprile 1945
29 bombardieri (su un totale di 474 che bombardano le posizioni tedesche della zona con 1086,1 tonnellate di bombe) colpiscono erroneamente Bologna (vie Laura Bassi, Chiesanuova, lo Stadio, Meloncello, Certosa, Borgo Panigale, Massarenti e le colline), sempre nell’ambito delle operazioni contro le linee tedesche della zona. 42 persone rimangono uccise.
19 aprile 1945
Attacco aereo minore su Pontevecchio, Borgo Panigale, San Luca e San Michele in Bosco, con quattro vittime.
20 aprile 1945
Un altro attacco aereo, che colpisce San Ruffillo, Via Parisio e le colline, provoca le ultime 9 vittime e sei feriti tra la popolazione bolognese.
Tra il 19 ed il 21 aprile l’insurrezione partigiana e l’avanzata degli Alleati porteranno alla liberazione di Bologna. Due modesti attacchi aerei tedeschi seguiranno nei giorni del 21 e 22 (l’ultimo nella notte del 22 aprile, da parte di un singolo aereo tedesco, che lascia cadere alcuni spezzoni incendiari vicino all’ospedale di Sant’Orsola, senza fare danni); l’ultimo allarme aereo cesserà alle 7 del 23 aprile 1945.

Danni e vittime

Tra le città dell’Italia settentrionale, Bologna fu quella che perse il maggior numero di cittadini sotto i bombardamenti: morirono infatti 2481 civili bolognesi (lo 0,78 % delle 318.000 persone che risultavano residenti a Bologna nel 1940) ed altri 2074 rimasero feriti.
I danni materiali furono anch’essi gravi: su 13.400 abitazioni esistenti prima della guerra, 1336 vennero completamente rase al suolo (il 9,7 %), 1582 furono semidistrutte (l’11,9 %) ed altri 2964 ricevettero danni di varia entità (il 21,6 %), per un totale del 43,2 % distrutto o danneggiato (121.000 vani, di cui 38.500 distrutti, 16.500 semidistrutti e 66.000 danneggiati).
Le distruzioni furono particolarmente gravi lungo tutta la linea ferroviaria, nonché nei quartieri residenziali di Casaralta e Bolognina (a nord) ed in quelli detti “Libia”, attorno a Via Lame ed al Velodromo (a sud), dove si trovavano depositi e stabilimenti industriali. Gravi danni subirono anche la zona di Via Indipendenza e quella del quartiere universitario; il sobborgo di San Ruffillo, situato sulla strada per Firenze, fu pressoché annientato (risultò distrutto per il 95 %) e subì gravi danni anche Borgo Panigale. Meno danneggiati furono i quartieri meridionali.
Alcune zone, come quella attorno a Porta Lame, erano state completamente rase al suolo od irrimediabilmente danneggiate (Porta Lame è oggi l’unica costruzione non postbellica di tale area).
Grazie alla sua posizione, Bologna rimase fino all’estate del 1943 al di fuori del raggio operativo sia dei bombardieri britannici del Bomber Command (che, decollando dall’Inghilterra, potevano colpire Milano, Torino, Genova e La Spezia, ma non si potevano spingere più a sud) che di quelli britannici e statunitensi di base nel Mediterraneo (che non potevano spingersi più a nord della Toscana); dalla tarda estate del 1943 alla fine del 1944, tuttavia, la città venne sottoposta ad un tremendo calvario, con 32 bombardamenti veri e propri e 62 incursioni aeree minori. Gli allarmi aerei furono 612.
Obiettivo costante degli attacchi era lo scalo ferroviario, uno dei maggiori del Nord Italia, ed indicato da Londra, nell’agosto del 1943, come uno dei più importanti per i movimenti delle truppe tedesche (linee Brennero-Bologna-Roma, Udine-Bologna Firenze ed altre), insieme a quelli di Alessandria, Genova e Verona («il bombardamento delle quali potrà avere una grande utilità»); la stazione di Bologna fu una delle più attaccate durante l’operazione «Strangle», la serie di incursioni aeree effettuate dalla 12th e 15th Air Force dell’USAAF per paralizzare le linee di rifornimento tedesche a nord di Roma.
L’avvicinamento al centro di Bologna iniziava quando gli aerei giungevano sui paesi di Crevalcore o Castelfranco Emilia. Data l’alta quota da cui operavano i bombardieri, un minimo ritardo nello sgancio faceva finire le bombe destinate alla stazione sulle vie Lame (la più distrutta dell’intera città) e Marconi, ed un ritardo maggiore ne provocava la caduta in pieno centro storico.
Nell’ultima fase della guerra divennero invece obiettivo dei bombardamenti le fabbriche che operavano sotto il controllo delle forze tedesche, ed i depositi e magazzini di carburante e munizioni di queste ultime.
La capienza originaria dei rifugi antiaerei cittadini era di 26.000 persone, ma durante la guerra fu aumentata fino a 100.000, specialmente con la costruzione di 25 grandi rifugi pubblici in galleria (nei quali l’amministrazione comunale investì quasi tutto il denaro disponibile), scavati sulle colline e nei parchi cittadini. Complessivamente vennero realizzati quasi 8000 rifugi antiaerei, tra pubblici e privati (tra cui 50 ricoveri tubolari, 154 rifugi anticrollo e 21 trincee paraschegge). Si tenne in città anche una raccolta fondi per la costituzione di una squadriglia aerea da caccia che difendesse Bologna dai bombardieri, ma la proposta non giunse mai a compimento. La Torre Asinelli divenne un punto di avvistamento e segnalazione delle zone colpite, presidiato dall’ing. Luigi Marmocchi e da alcuni tecnici comunali. Per ovviare alla distruzione delle tubature dell’acqua causate dai bombardamenti – il che impediva di spegnere gli incendi – il podestà Mario Agnoli, ingegnere edile, fece realizzare delle riserve idriche sotterranee dislocate in vari punti della città.
In città vi erano in tutto 39 sirene per l’allarme aereo, 24 del Comitato Provinciale per la Protezione Antiaerea e 15 degli stabilimenti industriali.
L’organizzazione della protezione dei cittadini dalle incursioni aeree, almeno dopo l’esperienza dei primi disastrosi bombardamenti, fu a Bologna piuttosto ben congegnata, specie se paragonata alla situazione di molte altre città; ma nemmeno questo poté evitare le gravi perdite causate dai continui e pesanti bombardamenti che si abbatterono sulla città.
Molti bolognesi, come accadde in altre città italiane, finirono col trasferirsi stabilmente nei rifugi, dati i continui allarmi ed attacchi aerei; intere famiglie passavano il loro tempo sotto terra, in condizioni igieniche pessime, totale promiscuità e mancanza di servizi.
Lo sfollamento ebbe inizio già sul finire del 1942, dopo i pesanti bombardamenti a tappeto del Bomber Command sul ‘triangolo industriale’: Bologna non era stata toccata, ma decine di migliaia di abitanti iniziarono già allora a lasciare la città, temendo che sarebbe stata presto colpita a sua volta. Molti di più sfollarono dopo che i bombardamenti iniziarono realmente ad abbattersi sulla città, e nel periodo peggiore del 1944 Bologna si ritrovò svuotata della larga maggioranza dei suoi abitanti.
Alberto Cotti, il «partigiano D’Artagnan», ricordò così lo stato in cui si trovava Bologna nel 1944: «Il treno si fermò a Bologna - S. Rufillo, oltre non si andava perchè pochi giorni prima era stata bombardata la stazione. Scesi e, con la mia valigia, attraversai la città; molte bombe erano cadute sull'abitato, mucchi di pietre, travi e calcinacci a volte ostruivano completamente la via, altre volte una grossa voragine interrompeva la strada, ogni tanto si vedeva qualche persona frugare tra le macerie, per cercare qualcuno o qualche cosa; il resto di Bologna era deserto». Giuseppe Dozza, futuro sindaco di Bologna, nel rientrarvi clandestinamente nel 1944 la trovò in questo stato: «Bologna apparve stranamente come una città morta al cittadino che vi era nato più di quarant’anni prima. (…) Quell’enorme silenzio e l’assenza degli uomini erano insopportabili e opprimenti. Ritornavano alla memoria le scene del romanzo di Welles sulla guerra dell’anno Duemila».
Molti sfollati si rifugiarono nelle campagne, molti altri nelle vicine valli dell’Appennino, come in Valle del Samoggia (specie nei paesi di Bazzano e Crespellano); diversi di questi paesi sarebbero stati a loro volta bombardati con l’avvicinarsi del fronte (Bazzano lo fu, ad esempio, il 12 ottobre 1944). Qualcuno cadde dalla padella nella brace, scegliendo per lo sfollamento la località di Marzabotto, e finendo così tra le centinaia di vittime dell’eccidio nazista che massacrò la popolazione del paese.
Più tardi, dal dicembre 1944, con l’avvicinarsi del fronte che travolse proprio i paesi dell’Appennino (e per contro il calare degli attacchi su Bologna: non vi furono più veri e propri bombardamenti dopo quello del 12 ottobre), la tendenza si invertì: gli sfollati tornarono in città – che non era certo sicura, ma meno pericolosa della zona di guerra dell’Appennino – ed insieme a loro sfollarono proprio a Bologna innumerevoli abitanti delle zone dove ora si combatteva. Mentre altre città italiane erano semideserte quando gli Alleati vi fecero il loro ingresso, Bologna nel 1945 aveva pressoché raddoppiato la sua popolazione d’anteguerra, giungendo a contare tra le 500.000 e le 600.000 persone che vi vivevano, tra bolognesi e sfollati provenienti dall’Appennino.
Il merito di questo andò anche al podestà Mario Agnoli, che (insieme al cardinale Nasalli Rocca) fece di tutto (tentò anche, infruttuosamente, di mettersi in contatto con il Papa) per convincere il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante delle forze tedesche in Italia, a dichiarare Bologna «città aperta», così che fosse risparmiata dai combattimenti. Questa dichiarazione non avvenne mai, e da Kesselring si ottennero soltanto promesse parziali (evitare di coinvolgere la città nei combattimenti, a meno di non esservi costretto dagli Alleati); tuttavia, il 7 settembre 1944 il centro storico fu dichiarato dai comandi tedeschi «Sperrzone», zona chiusa al traffico militare, e dalla metà del mese successivo (l’ultima devastante incursione avvenne il 12 ottobre) Bologna non subì più bombardamenti pesanti fino all’aprile 1945, anche se si verificarono numerosi attacchi aerei minori.
Molti degli sfollati provenienti dall’Appennino portarono con sé il bestiame dalle campagne (14.000 capi in tutto), così che “la città si riempì di muggiti”. Quando ciò che restava del Teatro del Corso si riempì di contadini sfollati dall’Appennino, i palchi vennero trasformati in fienili e poste di stalla.
L’Ente Comunale di Assistenza creò negozi che rifornissero i senzatetto di beni di prima necessità, requisì 11.450 appartamenti ed allestì 60.000 alloggi collettivi per gli sfollati, ma le risorse disponibili risultarono comunque insufficienti.
Finita la guerra, nella periferia di Bologna si formarono molte baraccopoli nelle quali i senzatetto vissero fino alla ricostruzione. Una si formò nel quartiere militare delle Caserme Rosse, dove si era trovato il campo per rastrellati distrutto dal bombardamento; altri sfollati si accamparono tra le rovine del Teatro del Corso, altri nello stadio del Littoriale (condiviso con i pompieri, rimasti anch’essi privi della loro sede, e con le truppe statunitensi e polacche che lo adibirono a deposito), altri ancora occuparono scuole e conventi. Anche i portici di San Luca furono trasformati in un’enorme alloggio provvisorio: ad ogni arcata corrispondeva una famiglia, e la situazione rimase tale fino all’inizio degli anni ’50.
Oltre al patrimonio abitativo ed a quello artistico, furono colpiti quasi tutti gli stabilimenti industriali; la fonderia SABIEM, ad esempio, dovette ridurre i dipendenti da 800 a soli 100 a causa della distruzione degli impianti (sotto le bombe morirono due dei dipendenti). Altre fabbriche dovettero cessare completamente l’attività, come la Fabio Leopardi (macchine spremipomodoro), che riaprì solo nel dopoguerra. La Manifattura Tabacchi venne resa inagibile dai primi bombardamenti, così si decise di trasferire la produzione nei locali dell’ex Caserma della Bastia; nuovi attacchi aerei, però, danneggiarono gravemente anche questi edifici. La Ducati fu semidistrutta dal bombardamento del 12 ottobre (i danni ammontarono a 450.000.000 di lire dell’epoca), e gli ultimi lavori di ricostruzione terminarono solo nel 1962. La SASIB (Società Anonima Scipione Innocenti Bologna, attiva nella produzione di segnalazioni ferroviarie ma adibita in guerra a produrre inneschi per siluri magnetici e parti di cannoni contraerei) ridusse i propri dipendenti da 1000 a 200; le Officine di Casaralta (costruzioni ferrotranviarie, ma adibite anche alla produzione di barconi per il Genio militare) da 500 a 30; le Officine Minganti dovettero sfollare a Palazzolo sull’Oglio. La torrefazione Caffè Roversi venne gravemente danneggiata, con alcune vittime tra i dipendenti.
Diverse fabbriche, dopo i bombardamenti dell’autunno 1943, trasferirono la produzione in centro (la Calzoni a Palazzo D’Accursio, la Scarani alla caserma Giordani), così che nell’inverno 1944 lavoravano nel centro storico circa 8000 operai.
Tra gli edifici storici ed artistici bolognesi che subirono gravi danni e distruzioni vi furono il Palazzo della Mercanzia, la Chiesa del Corpus Domini, le basiliche di San Francesco e San Domenico (costruita nel 1228-1240) e l’Archiginnasio.
La basilica gotico-romanica di San Francesco, costruita tra il 1236 ed il 1263 e colpita in pieno da un grappolo di bombe il 24 luglio 1943 (un secondo gruppo di bombe esplose invece alla base della facciata), perse larga parte delle navate, del tetto e del Chiostro dei Morti, ed ebbe la facciata squarciata (ed anche deformata, tanto che per il restauro fu necessario demolirne la parte centrale per poterla ricostruire in modo che le due parti “combaciassero”); anche il portale sinistro fu devastato. Nella navata sinistra crollarono le prime quattro campate e fu danneggiata la quinta, nella navata destra crollarono le prime due e furono gravemente danneggiate le altre, nella navata maggiore crollarono le prime tre crociere e fu danneggiata irreparabilmente la quarta, che dovette essere demolita. Furono distrutti cinque archi rampanti del lato sinistro ed uno del lato destro, mentre quelli danneggiati furono uno a sinistra e tre a destra. I lavori di ricostruzione, condotti dal Genio Civile e della Sovrintendenza ai Monumenti e diretti da Alfredo Barbacci, iniziarono subito dopo il primo bombardamento, ma il 25 settembre la navata sinistra fu colpita da un’altra bomba che aggravò i danni; i lavori proseguirono comunque tra mille difficoltà (i fondi si esaurirono per due volte, nell’autunno 1944 e nel febbraio 1946, ma i lavori proseguirono con i soldi del Ministero dei Lavori Pubblici) e si conclusero nel 1949. Questa basilica è forse l’edificio storico bolognese che più mostra i segni dei bombardamenti: vistoso, nella facciata, è infatti il contrasto tra i mattoni nuovi della parte centrale ricostruita e quelli originali, più scuri, del resto della facciata.
L’Archiginnasio, completato nel 1562-1563 e passata sede dell’antichissima Università di Bologna, ebbe danni particolarmente gravi, perdendo parte del chiostro realizzato nel 1562 da Antonio Moranti (lati orientale e meridionale) e tutta l’ala orientale con il Teatro Anatomico (realizzato in legno di abete nel 1637 e decorata con decine di statue, che fu possibile recuperare nel dopoguerra) e l’antica cappella cinquecentesca di Santa Maria dei Bulgari (contenente affreschi seicenteschi di Paolo Cesi ed una tela del pittore fiammingo Denijs Calvaert) nonché la Direzione, l’ex Museo dell’Ottavo Centenario dell’Università e le Biblioteche della Società Medico-Chirurgica e della Società Agraria. Furono molto danneggiate le sale XV e XVI (segreteria), che però non furono distrutte. Il soprintendente Alfredo Barbacci ed il personale del Genio Civile iniziarono a recuperare gli elementi architettonici già il 30 gennaio 1944, all’indomani dell’incursione che l’aveva colpito, ed i lavori di ricostruzione iniziarono già il 9 marzo 1945, a guerra ancora in corso. Solo nel 1956 l’Archiginnasio poté dirsi tornato all’antico splendore.
Il Palazzo della Mercanzia, costruito in stile gotico tra il 1382 ed il 1391, subì il crollo dell’angolo sinistro e di gran parte dell’ala orientale; i lavori di ricostruzione cominciarono anche in questo caso a guerra ancora in corso, nel maggio 1944, prima ancora che finissero i bombardamenti.
La chiesa del Corpus Domini, risalente al 1478, subì la distruzione pressoché completa della navata e del portale, con la perdita dei relativi affreschi, la distruzione di parte della cupola e gravissimi danni alle decorazioni delle parti superstiti. Il corpo di Santa Caterina da Bologna, che le clarisse portavano in rifugio durante gli allarmi, scampò alla distruzione, mentre subì gravi danni anche il monastero adiacente alla chiesa (fu in massima parte distrutto il chiostro quattrocentesco, con la perdita irrimediabile delle decorazioni). I lavori di ricostruzione – avviati a guerra ancora in corso usando le travi della navata crollata per realizzare le impalcature, mancando le travi da costruzione – richiesero in tutto, per via della mancanza di fondi (che obbligò a varie interruzioni, nonostante i finanziamenti dei Ministeri della Pubblica Istruzione e dei Lavori Pubblici), vent’anni.
Il Teatro del Corso, completato nel 1805 in stile neoclassico (decorato con stucchi e pitture di Serafino Barozzi, Giuseppe Terzi, Filippo Pedini e Giuseppe Muzzarelli) e nel quale aveva lavorato in passato Gioacchino Rossini (nella Locanda del Teatro aveva invece soggiornato Giacomo Leopardi), venne in larga parte distrutto; sarebbe stato comunque possibile recuperarlo, sebbene con costi elevati, ma si preferì demolire quel che ne restava per costruire un condominio.
Villa Angeletti, una residenza di campagna realizzata nel XVIII secolo nei pressi del Canale Navile ed usata negli anni ’30 come centro di ricerca e sperimentazione agraria (per ottenere nuove varietà di grano), venne completamente distrutta e mai più ricostruita.
Ebbero gravi danni, o furono distrutte del tutto od in parte, anche le chiese di San Giorgio in Poggiale (costruito tra il 1589 ed il 1633 in stile tardo manierista, dopo il bombardamento del 25 settembre 1943 venne sconsacrata); del Sacro Cuore (colpita in tutto da nove bombe in tre diverse incursioni, che distrussero parte della facciata e demolirono gran parte dell’annesso oratorio salesiano: i lavori di ricostruzione, finanziati coi fondi raccolti tra i parrocchiani e cittadini dal dinamico parroco don Antonio Gavinelli, terminarono nel 1949); di Santa Maria della Purificazione e San Domenico (detta anche di Santa Maria della Mascarella: risalente al Duecento e ricostruita nel 1706, venne completamente distrutta ad eccezione del campanile, e nel dopoguerra non fu ricostruita bensì sostituita da una nuova chiesa con forme differenti); di San Giovanni in Monte (costruita nel XV secolo in stile gotico e rinascimentale, nel bombardamento del 29 gennaio 1944 subì la distruzione di tre cappelle e gravi danni alla volta, al protiro ed ad altre cappelle; venne restaurata tra il 1947 ed il 1950); di San Sebastiano (rasa al suolo e mai più ricostruita); dei Santi Filippo e Giacomo (costruita nel 1641, gravemente danneggiata e ricostruita con forme e decorazioni più semplificate); di Santa Maria del Buon Pastore (costruita in stile barocco tra il XVII e XVIII secolo, danneggiata ma restaurata); di Santa Maria della Carità (costruita nel 1583 ed ampliata nel 1580); di Santa Maria Maddalena della  Mascarella (costruita nel 1765, da non confondere con la vicina chiesa di Santa Maria della Purificazione, della quale condivise la sorte di quasi completa distruzione); della Madonna di Galliera (costruita nel 1474-1502 e gravemente danneggiata); dei Santi Carlo e Ambrogio (risalente al 1667 e parzialmente distrutta ma poi restaurata); di San Giuseppe (con annesso convento, entrambi fondati nel XIII secolo ma ricostruiti in stile neoclassico nella prima metà del XIX secolo; gravemente danneggiati ma poi restaurati); di San Nicolò di San Felice (risalente al 1753; gravemente danneggiata, dopo la guerra non fu restaurata e venne sconsacrata, ridotta a palestra e poi abbandonata), del Santissimo Salvatore (costruita nel 1606-1623 in stile tardo manierista, danneggiata ma restaurata); il santuario della Beata Vergine del Soccorso (costruito nel 1581-1584, completamente distrutto e ricostruito in forme diverse tra il 1948 ed il 1962) e l’oratorio di San Filippo Neri (costruito nel 1733, venne quasi completamente distrutto il 29 gennaio 1944; i restauri iniziati nel dopoguerra s’interruppero nel 1953 e l’oratorio fu ridotto per decenni a deposito di materiale edile, prima di essere acquistato dalla Fondazione del Monte e restaurato nel 1997-1999). Furono inoltre colpiti entrambi i seminari della città, quello diocesano di Villa Revedin (costruito negli anni Trenta) e quello regionale di Piazza dei Martiri (costruito tra il 1910 ed il 1924). La cattedrale di San Pietro (costruita nel XII secolo e ricostruita a più riprese sino al secolo XVII) subì alcuni danni di lieve entità alla facciata.
Gravi danni subì anche l’ospedale militare di via dell’Abbadia, già antichissimo monastero di San Naborre e Felice.
Tra le residenze storiche, subirono gravi danni Palazzo D’Accursio (costruito tra il XIV ed il XVI secolo e sede del Comune, subì la distruzione dell’angolo sud-occidentale, compresa la torre che vi si trovava, poi ricostruita), Palazzo del Podestà (costruito nel XIII secolo in stile romanico e rimaneggiato nel XV secolo in stile rinascimentale), Palazzo Malvezzi Campeggi (costruito nel 1522-1548 e modificato nel 1730, subì gravi danni ed il crollo di parte del lato destro del cortile), Palazzo Montpensier (costruito in più fasi tra il XVI ed il XVIII secolo), Palazzo De Bianchi (costruito in più fasi tra il 1412 ed il 1568, subì la distruzione di gran parte di un’estremità e gravi danni a tutto l’edificio, il 29 gennaio 1944), Palazzo Conforti (cinquecentesco, venne in gran parte demolito dalle bombe e fu ricostruito nel 1949), Palazzo Gnudi (costruito nella prima metà del Cinquecento, subì anch’esso la distruzione dei piani superiori di quasi metò dell’edificio), Palazzo Davia (costruito nel 1638-1658, le bombe ne polverizzarono una estremità), Palazzo Ghislieri (risalente al 1531, uscì semidistrutto dai bombardamenti e venne in seguito quasi completamente demolito – ne rimane solo un angolo – e rimpiazzato da un nuovo edificio), Palazzo Orlandini (già Marescalchi, costruito nel Quattrocento ed ampliato nel Settecento) e l’adiacente casa natale di Guglielmo Marconi, Palazzo Salina (costruito tra il XVI ed il XVII secolo, completamente distrutto e ricostruito dopo la guerra in posizione più arretrata, per permettere una strada più ampia), Palazzo del Seminario Arcivescovile (risalente al 1773 e trasformato in Grand Hotel, subì la distruzione di parte della facciata ma venne restaurato), Palazzo Conforti (costruito nel XVI secolo, parzialmente crollato ma ricostruito nel dopoguerra), Palazzo Pellegrini (costruito nella seconda metà del Settecento, subì la distruzione di gran parte della facciata il 22 marzo 1944), la Palazzina della Viola (costruita a fine XV secolo, ne andò distrutto l’angolo nordorientale, ricostruito nel 1946-1947; fu distrutta anche l’orangerie, di epoca napoleonica, ed abbattuti alcuni alberi secolari), Villa Mazzacorati (costruita nel Seicento e ricostruita in forme neoclassiche nel 1770-1772), Villa Guastavillani (costruita nel 1575, il 22 marzo 1944 le bombe ne demolirono un’intera ala), Casa Fontana (settecentesca, venne semidistrutta), Casa Castelli (costruita in forme gotiche a metà XV secolo, distrutta e ricostruita nel 1949) e Casa Machiavelli (detta anche casa Modiano; quattrocentesca, venne quasi completamente distrutta). Tutti questi palazzi e ville – tranne Palazzo Ghislieri, che venne invece quasi completamente abbattuto – vennero restaurati e/o ricostruiti nel dopoguerra, tornando allo splendore originale.
L’arca sepolcrale del giurista medievale Rolandino de’ Passaggeri, costruita nel 1300 in Piazza San Domenico, venne completamente distrutta nonostante un provvisorio rivestimento in cotto; fu anch’essa ricostruita nel dopoguerra.
I danni al patrimonio artistico non furono ancora maggiori grazie anche all’impegno del soprintendente Gian Alberto Dell’Acqua e dello storico dell’arte bolognese ed ispettore di Soprintendenza Francesco Arcangeli, i quali prelevarono numerose opere della Pinacoteca di Bologna (tra cui l’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello e molti dipinti del Parmigianino) e, con un fortunoso trasporto via camion nella Pianura Padana disastrata dai bombardamenti (che avevano distrutto molti dei ponti sul Po), riuscirono a trasportarli nelle Ville Cavallini e Borromeo sul Lago Maggiore, ponendoli così al sicuro.

Nessun commento:

Posta un commento